5
* Leggo i suoi libri per la sensazione di naufragio che mi dà tutto quello che scrive. Al principio capisci, poi cominci a girare a vuoto, in seguito sei preso in un turbine insulso, senza terrore, pensi che affonderai, ed effettivamente affondi. Eppure non è vero annegamento - sarebbe troppo bello! Risali alla superficie, respiri, capisci di nuovo, sei sorpreso nel vedere che sembra dire qualcosa e nel capire quello che dice, poi giri ancora a vuoto, e di nuovo affondi... Tutto ciò vorrebbe essere profondo e sembra tale. Ma non appena ti riprendi, ti accorgi che è solo astruso, e che la distanza fra la profondità vera e la profondità simulata non è meno rilevante di quella fra una rivelazione e un'idea fissa.
* Chiunque si consacri a un'opera crede -senza esserne consapevole- che essa sopravviverà agli anni, ai secoli, al tempo medesimo... Se percepisse, mentre vi si dedica, che è peritura, l'abbandonerebbe per strada, non potrebbe terminarla. Attività e inganno sono termini correlativi.
* "Il riso scomparve, poi scomparve il sorriso".
Questa osservazione in apparenza ingenua di un biografo di Aleksandr Blok definisce, come meglio non si potrebbe, lo schema di ogni decadimento.
* Non è facile parlare di Dio quando non si è né credenti né atei: ed è questo probabilmente il dramma di tutti noi, compresi i teologi: il non poter essere più né l'uno né l'altro.
* Per uno scrittore il progresso verso il distacco e la liberazione è una catastrofe senza precedenti. Lui, più di chiunque altro, ha bisogno dei propri difetti: se trionfa su di essi è perduto. Si guardi dunque dal diventare migliore, perchè, se ci riesce, lo rimpiangerà amaramente.
* Occorre diffidare della conoscenza che abbiamo di noi stessi: essa indispone e paralizza il nostro demone. In questo è da cercare la ragione per cui Socrate non ha scritto niente.
* Ciò che rende i cattivi poeti ancora peggiori è che leggono solo poeti (come i cattivi filosofi leggono solo filosofi), mentre trarrebbero maggior profitto da un libro di botanica o di geologia. Ci si arricchisce solo frequentando discipline distanti dalla propria. Questo è vero, beninteso, solo per gli ambiti in cui imperversa l'io.
* Tertulliano racconta che, per guarire, gli epilettici andavano a "succhiare con avidità il sangue dei criminali sgozzati nell'arena." Se ascoltassi il mio istinto sarebbe questo, per qualunque malanno, il solo genere di terapia che adotterei.
* Abbiamo diritto di adirarci con qualcuno che ci tratta da mostri? Il mostro è solo per definizione, e la solitudine, anche quella dell'infamia, presuppone qualcosa di positivo, una elezione certo un po' speciale, ma indiscutibilmente un'elezione.
* Due nemici sono lo stesso uomo dimezzato.
* "Non giudicare nessuno prima di metterti al suo posto." Questo antico proverbio rende impossibile qualsiasi giudizio, dato che giudichiamo qualcuno proprio perchè non possiamo metterci al suo posto.
* Chi ama la propria indipendenza deve prestarsi, per salvaguardarla, a qualsiasi turpitudine, deve perfino rischiare, se occorre, l'ignominia.
* Niente di più abominevole del critico e, a maggior ragione, del filosofo che è in ognuno di noi: se fossi poeta, reagirei come Dylan Thomas, il quale, quando ne commentavano le poesie in sua presenza, si gettava per terra contorcendosi.
* Tutti coloro che si affaccendano commettono ingiustizia su ingiustizia, senza provare il minimo rimorso. Soltanto cattivo umore. - Il rimorso è riservato a coloro che non agiscono, che non possono agire. Per loro esso surruga l'azione, consolandoli della loro inefficienza.
* La maggior parte delle delusioni ci viene dai nostri primi impulsi. Il minimo slancio si paga più caro di un crimine.
* Siccome rammentiamo con precisione solo i nostri travagli, i perseguitati, gli ammalati, le vittime di ogni sorta avranno vissuto, in fin dei conti, con il massimo profitto. Gli altri, i fortunati, hanno sì una vita, ma non il ricordo di una vita.
* è noioso chiunque non accondiscenda a impressionarci. Il vanitoso è quasi sempre irritante, ma si prodiga, fa uno sforzo: è un seccatore che non vorrebbe essere tale, e gliene siamo riconoscenti: si finisce per sopportarlo, addirittura per cercarlo. Invece siamo pallidi di rabbia davanti a qualcuno che non mira in alcun modo a far colpo. Che cosa dirgli e che cosa aspettarci da lui? Bisogna serbare qualche traccia della scimmia, o se no restare a casa propria.
* Non la paura di intraprendere, ma la paura di riuscire spiega più di un fallimento.
* Vorrei una preghiera con parole-pugnali. Sfortunatamente, se si prega, si deve pregare come tutti. In ciò consiste una delle più grandi difficoltà della fede.
* Si teme l'avvenire solo se non si è certi di potersi uccidere quando di vuole.
* Né Bossuet né Malebranche, né Fénelon si sono degnati di parlare dei "Pensieri" di Pascal. A quanto pare, non sembrava loro abbastanza serio.
* L'antidoto al tedio è la paura. Occorre che il rimedio sia più forte del male.
* Magari potessi innalzarmi al livello di colui che avrei voluto essere! Ma non so quale forza, che si accresce con gli anni, mi tira verso il basso. Perfino per risalire alla mia superficie devo impiegare stratagemmi ai quali non posso pensare senza arrossire.
* Ci fu un tempo in cui, ogni volta che subivo un affronto, per allontanare da me ogni velleità di vendetta immaginavo me stesso nella pace della tomba. E subito mi acquietavo. Non disprezziamo troppo il nostro cadavere: qualche volta può servire.
* Ogni pensiero deriva da una sensazione che abbiamo ostacolato.
* Il solo modo di raggiungere un altro in profondità è andare verso quello che in se stessi c'è di più profondo. In altri termini, seguire il percorso inverso a quello che imboccano gli spiriti cosidetti "generosi".
* Vorrei poter dire come quel rabbino hassidico: "La benedizione della mia vita è stata il non aver mai avuto bisogno di una cosa prima di possederla!".
* Permettendo l'uomo, la natura ha commesso molto più che un errore di calcolo: ha commesso un attentato contro se stessa.
* La paura rende coscienti - la paura morbosa e non la paura naturale. Altrimenti gli animali avrebbero raggiunto un grado di coscienza superiore al nostro.
* In quanto orangutan propriamente detto, l'uomo è antico; in quanto orangutan storico, è relativamente recente: un parvenu che non ha avuto il tempo d'imparare come comportarsi nella vita.
* Dopo certe esperienze si dovrebbe cambiare nome, dato che non si è più gli stessi. Tutto assume un altro aspetto, a cominciare dalla morte, che appare prossima e desiderabile; ci si riconcilia con essa, e si giunge a ritenerla "la migliore amica dell'uomo", come la chiama Mozart in una lettera al padre agonizzante.
* Bisogna soffrire fino in fondo, fino al momento in cui si smette di credere alla sofferenza.
* "La verità rimane nascosta per colui che è abitato dal desiderio e dall'odio" (Buddha)
...Cioè per ogni vivente.
* Attratto dalla solitudine, rimane tuttavia nel secolo: uno stilita senza colonna.
* "Avete avuto torto a puntare su di me".
Chi potrebbe parlare così? Dio e il Fallito.
* Tutto ciò che compiamo, tutto ciò che esce da noi, aspira a dimenticare le sue origini, e ci riesce solo ergendosi contro di noi. Da qui il segno negativo che marchia tutte le nostre realizzazioni.
* Niente si può dire di niente. Per questo non ci può essere limite al numero dei libri.
* Il fallimento, anche ripetuto, pare sempre nuovo, mentre il successo, moltiplicandosi, perde ogni interesse, ogni attrattiva. Non è l'infelicità, bensì la felicità, la felicità insolente, è vero, che conduce all'acredine e al sarcasmo.
* "Un nemico è utile quanto un Buddha" è proprio così. Perchè il nostro nemico veglia su di noi, ci impedisce di lasciarci andare. Segnalando, divulgando le nostre più piccole manchevolezze, ci conduce direttamente alla salvezza, mette tutto in opera affinchè non siamo indegni dell'idea che si è fatto di noi. Perciò la nostra gratitudine nei suoi confronti dovrebbe essere illimitata.
* Ci si riprende, e si aderisce tanto più all'essere, quanto più si è reagito contro i libri negatori, dissolutori, contro la loro forza nociva. Libri corroboranti insomma, poichè suscitano l'energia che li nega. Più contengono veleno, più esercitano un affetto salutare a condizione che li si legga controcorrente, come si dovrebbe leggere ogni libro, a cominciare dal catechismo.
* Il più grande servigio che si possa rendere a un autore è impedirgli di lavorare per un certo tempo. Sarebbero necessarie tirannie di breve durata, che servissero a sospendere qualsiasi attività intellettuale. La libertà di espressione senza interruzione alcuna espone i talenti a un rischio mortale, li costringe a prodigarsi oltre le loro risorse e impedisce loro di accumulare sensazioni ed esperienze. La libertà senza limiti è un attentato contro lo spirito.
* La pietà di sé è meno sterile di quanto non si creda. Appena qualcuno ne avverte un pur minimo accesso, assume una posa da pensatore e, meraviglia delle meraviglie, riesce a pensare.
* La massima storica secondo la quale dobbiamo piegarci senza protestare alle cose che non dipendono da noi tiene conto solo delle sventure esterne, che sfuggono alla nostra volontà. Ma a quelle che vengono da noi stessi, come adattarsi? Se siamo la fonte dei nostri mali, a chi volerne? A noi stessi? Fortunatamente ci arrabattiamo a dimenticare che siamo i veri colpevoli, e d'altro canto l'esistenza è tollerabile solo se rinnoviamo ogni giorno quella menzogna e quell'oblio.
* Per tutta la vita ho vissuto con la sensazione di essere stato allontanato dal mio vero luogo. Se l'espressione "esilio metafisico" non avesse alcun senso, la mia sola esistenza gliene fornirebbe uno.
* Più si è colmi di doni, meno si progredisce sul piano spirituale. Il talento è un ostacolo alla vita interiore.
* Per sottrarre la parola "grandezza" al rischio della magniloquenza bisognerebbe servirsene solo a proposito dell'insonnia o dell'eresia.
* Nell'India classica il saggio e il santo si ritrovavano in una sola e medesima persona. Per avere un'idea di una tale impresa, si immagini, se si può, una fusione fra la rassegnazione e l'estasi, fra uno stoico freddo e un mistico invasato.
* L'essere è sospetto. Che dire allora della vita, che ne è la deviazione e l'avvilimento?
* Quando ci riferiscono un giudizio sfavorevole su di noi, invece di risentirci dovremmo pensare a tutto il male che abbiamo detto degli altri, e trovare che è giusto che se ne dica altrettanto di noi. Ironia vuole che non ci sia nessuno più vulnerabile, più suscettibile, meno disposto a riconoscere i propri difetti del maldicente. Basta citargli un'infima riserva che sia stata espressa sul suo conto perchè perda il controllo, si scateni e soffochi nella propria bile.
* Dall'esterno, in ogni clan, ogni setta, ogni partito, regna l'armonia; dall'interno, la discordia. I conflitti in un monastero sono frequenti e avvelenati come in qualunque società. Anche quando disertano l'inferno, gli uomini lo fanno solo per ricostituirlo altrove.
* Le benchè minima conversione è vissuta come un avanzamento. Esistono per fortuna delle eccezioni. Ammiro quella setta ebraica del Settecento nella quale si aderiva al cristianesimo per volontà di degradarsi, come pure quell'indio che, essendosi convertito anche lu, si rammaricava di diventare preda dei vermi, invece di essere divorato dai figli, onore che avrebbe avuto se non avesse abiurato le credenze della sua tribù.
* è normale che l'uomo non si interessi più alla religione ma alle religioni, giacchè solo per loro tramite sarà in grado di comprendere le versioni multiple del suo accasciamento spirituale.
* Ricapitolando le tappe della nostra carriera, è umiliante constatare che non abbiamo avuto i rovesci che meritavamo, che avevamo il diritto di sperare.
* In certuni la prospettiva di una fine più o meno prossima stimola l'energia, buona o cattiva, e li tuffa in un'attività frenetica. Abbastanza candidi da voler perpetuarsi grazie alle loro imprese o alle loro opere, si accaniscono a terminarle, a concluderle: non c'è più un istante da perdere. La stessa prospettiva induce altri a sprofondarsi nell' "a che serve?", in una chiaroveggenza sterile, nelle verità irrecusabili dell'apatia.
* "Maledetto sia colui che, nelle future ristampe delle mie opere, avrà cambiato scientamente una qualsiasi cosa, una frase, o solo una parola, una sillaba, una lettera, un segno di punteggiatura!"
Fu il filosofo, fu lo scrittore, a far parlare così Schopenhauer? Tutti e due, e quel connubio (si pensi allo stile sconcertante di qualsiasi opera filosofica) è molto raro. Un Hegel non avrebbe erto proferito una maledizione simile. E nessun altro filosofo di prima grandezza, tranne Platone.
* Nulla di più esasperante dell'ironia continua, che non ti dà tregua, che non ti lascia il tempo di respirare e ancora meno di riflettere, e che, invece, di essere inapparente, occasionale, è massiccia, automatica, agli antipodi della sua natura essenzialmente delicata. Questo è in ogni modo l'uso che ne fa il tedesco, l'essere che, per avere maggiormente meditato su di essa, è il meno indicato a servirsene.
* L'ansia non è provocata da nulla, cerca di darsi una giustificazione, e per riuscirci si avvale di qualunque cosa, dei pretesti più miserabili, ai quali si abbarbica, dopo averli inventati. Realtà in sé che precede le proprie espressioni particolari, le proprie varietà, l'ansia che suscita se stessa, si genera da sola, è "creazione infinita", e in quanto tale atta ad evocare più le trame della divinità che quelle della psiche.
* Tristezza automatica: un robot elegiaco.
* Davanti a una tomba le parole gioco, impostura, scherzo, sogno si impongono. Impossibile pensare che esistere sia un fenomeno serio. Certezza di un raggiro in partenza, alla base. Sui frontoni dei cimiteri si dovrebbe incidere. "Niente è tragico. Tutto è irreale".
* Non dimenticherò facilmente l'espressione di orrore su quello che fu il suo volto, il rictus, lo spavento, l'estremo conforto, e l'aggressività. Non era contento, no. Mai ho visto qualcuno così a disagio nella bara.
* Non guardare né avanti né indietro, guarda in te stesso, senza paura e senza rimpianto. Nessuno scende in sé finchè rimane schiavo del passato o del futuro.
* Non è elegante rimproverare a qualcuno la sua sterilità quando è postulata, quando è il suo modo di realizzarsi, il suo sogno...
* Le notti in cui abbiamo dormito è come se non fossero mai esistite. Restano nella memoria solo quelle in cui non abbiamo chiuso occhio: notte vuol dire notte insonne.
* Ho trasformato, per non doverle risolvere, tutte le mie difficoltà pratiche in difficoltà teoriche. Di fronte all'Insolubile, finalmente respiro...
* A uno studente che voleva sapere la mia posizione riguardo all'autore di Zarathustra, risposi che da molto tempo avevo smesso di frequentarlo. Perchè? mi chiese. - Perchè lo trovo troppo ingenuo...
Gli rimprovero le sue infatuazioni e persino i suoi fervori. Non ha abbattuto idoli se non per sostituirli con altri. Un falso iconoclasta, con tratti da adolescente, e non so che verginità, che innocenza, inerenti alla sua carriera di solitario. Ha osservato gli uomini solo da lontano. Se li avesse guardati da vicino non avrebbe mai potuto concepire e celebrare il superuomo, visione bislacca, risibile, se non grottesca, chimera o capriccio che poteva scaturire solo dalla mente di qualcuno che non avesse avuto il tempo di invecchiare, di conoscere il distacco, il lungo disgusto sereno. Molto più vicino mi è un Marco Aurelio. Nessuna esitazione da parte mia fra il lirismo della frenesia e la prosa dell'accettazione: trovo più conforto, e perfino più speranza, in un imperatore stanco che in un profeta folgorante.