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* Due specie di intuizioni: quelle originarie (Omero, Upanisad, folclore) e quelle tardive (buddhismo Mahayana, stoicismo romano, gnosi alessandrina). Bagliori primigeni e chiarori estenuanti. Il risveglio della coscienza e la stanchezza di essere svegli.
* Se è vero che ciò che perisce non è mai esistito, la nascita, fonte del perituro, non esiste, esattamente come il resto.
* Attenzione agli eufemismi! Accrescono l'orrore che dovrebbero mascherare. Usare scomparso al posto di deceduto o morto mi pare bislacco, anzi insensato.
* Quando l'uomo dimentica di essere mortale si sente portato a fare grandi cose, e talvolta ci riesce. Questo oblio, frutto della dismisura, è nel contempo causa delle sue disgrazie."Mortale, pensa da mortale". L'antichità ha inventato la modestia tragica.
* Fra tutte le statue equestri di imperatori romani, la sola sopravvissuta alle invasioni barbariche è quella di Marco Aurelio, il meno imperatore di tutti, e che si sarebbe accontentato di qualsiasi altra condizione.
* Alzatomi con una turba di progetti in testa, avrei lavorato, ne ero convinto, tutta la mattina. Mi ero appena seduto a tavolino, quando l'odiosa, infame e persuasiva solfa: "Che cosa sei venuto a cercare in questo mondo?" troncò di netto il mio slancio. E mi rimisi, come al solito, a letto, con la speranza di trovare una risposta, o piuttosto di riprendere sonno.
* Si sceglie, si decide fintanto che si rimane alla superficie delle cose; appena si va al fondo, non si può più né decidere né scegliere, si può solo rimpiangere la superficie...
* La paura di essere ingannati è la versione volgare della ricerca della Verità.
* Quando ci si conosce bene, non ci si disprezza del tutto solo perchè si è troppo stanchi per abbandonarsi a sentimenti estremi.
* è inaridente seguire una dottrina, una credenza, un sistema - per uno scrittore soprattutto; a meno che non viva, come capita spesso, in contraddizione con le idee che professa. Quella contraddizione, o quel tradimento, lo stimola e lo mantiene nell'insicurezza, nel disagio e nell'onta, condizioni propizie alla creazione.
* Il Paradiso era il luogo in cui si sapeva tutto ma in cui non si spiegava niente. L'universo di prima del peccato, di prima del commento...
* Non posseggo la fede, per mia fortuna. Se l'avessi, vivrei nella paura costante di perderla. Quindi, lungi dall'aiutarmi, essa mi nuocerebbe soltanto.
* Un impostore, un "venditore di fumo", consapevole di esserlo e quindi spettatore di se stesso, è necessariamente più addentro alla conoscenza di quanto non lo sia un uomo ponderato, pieno di meriti e tutto di un pezzo.
* Chiunque possiede un corpo ha diritto al titolo di reprobo. Se per di più è afflitto da un' "anima", non c'è anatema cui non possa aspirare.
* Di fronte a uno che ha perso tutto, che discorsi fare? Il più vago, il più prolisso, sarà sempre il più efficace.
* Supremazia del rimpianto: gli atti che non abbiamo compiuto formano, per il fatto che ci perseguitano e che ad essi pensiamo continuamente, il solo contenuto della nostra coscienza.
* Talvolta si vorrebbe essere cannibali, non tanto per il piacere di divorare il tale o il talaltro, quanto per quello di vomitarlo.
* Non volere più essere uomo...sognare un'altra forma di degradazione.
* Sempre, quando ci si trova a una svolta, la cosa migliore è sdraiarsi e lasciare passare le ore. Le risoluzioni prese in piedi non valgono nulla: sono dettate dall'orgoglio, o dalla paura. Distesi, si conoscono comunque quei due flagelli, ma in forma più attenuata, più atemporale.
* Allorchè qualcuno si lamenta che la sua vita è un fallimento, basta ricordargli che la vita stessa è in una situazione analoga, se non peggiore.
* Le opere muoiono; i frammenti, non avendo vissuto, non possono neppure morire.
* L'orrore del superfluo mi paralizza. Ora, il superfluo è l'essenza della comunicazione (e quindi del pensiero), è la carne e il sangue della parola e della scrittura. Volervi rinunciare è come fornicare con uno scheletro.
* La soddisfazione che si trae dal compimento di un un dovere (soprattutto quando non ci si crede e perfino lo si disprezza) dimostra fino a che punto si appartiene ancora alla massa.
* Il mio merito non è di essere totalmente inefficiente ma di aver voluto esserlo.
* Se non rinnego le mie origini è perchè, in definitiva, è meglio non essere niente di niente che una parvenza di qualcosa.
* L'uomo - miscuglio di automatismo e di capriccio - è un robot difettoso, un robot guasto. Purchè lo rimanga, e qualcuno un giorno non lo ripari!
* Ciò che ognuno di noi, con più o meno pazienza, aspetta da sempre, è evidentemente la morte. Ma lo sa solo quando essa arriva...quando è troppo tardi per poterne godere.
* L'uomo ha sicuramente cominciato a pregare molto prima di saper parlare, perchè come avrebbe potuto sopportare i tormenti che ha dovuto conoscere uscendo dall'animalità, rinnegandola, senza mugugni e gemiti, prefigurazioni, segni anticipatori della preghiera?
* In arte e in tutto, il commentatore è di solito più accorto e più lucido del commentato. è il vantaggio dell'assassino sulla vittima.
* "Rendiamo grazie agli dèi, che non trattengono nessuno a forza nella vita". Seneca, (il cui stile, a detta di Caligola, manca di cemento) è aperto all'essenziale, e ciò non tanto a causa della sua affiliazione allo stoicismo quanto dell'esilio di otto anni in Corsica, regione all'epoca particolarmente selvaggia. Quella prova conferì a uno spirito frivolo una dimensione che in tempi normali non avrebbe acquisito. Lo dispensò dall'aver bisogno di una malattia.
* Questo istante, ancora mio, eccolo scorrere, sfuggirmi, eccolo inabissato. Mi comprometterò con il successivo? Mi decido: è qui, mi appartiene, e già è lontano. Da mane a sera a fabbricare passato!
* Dopo aver vanamente tentato tutto nella direzione dei mistici, gli rimaneva una sola via d'uscita: sprofondare nella saggezza.
* Non appena ci si pongono certi problemi cosiddetti filosofici e si usa l'inevitabile gergo, si assume un'aria superiore, aggressiva, e questo in un ambito in cui, essendo di rigore l'insolubile, dovrebbe esserlo anche l'umiltà. Tale anomalia è solo apparente. Più i problemi che si affrontano sono rilevanti e più si perde la testa: si finisce persino con l'attribuire a se stessi le dimensioni di quei problemi. Se l'orgoglio dei teologi è ancora più spocchioso di quello dei filosofi è perchè non ci si occupa impunemente di Dio: arrivano al punto di arrogarsi, loro malgrado, alcuni dei suoi attributi, i peggiori si intende.
* In pace con se stesso e con il mondo, lo spirito langue. Alla minima contrarietà rifiorisce. Il pensiero è insomma solo lo sfruttamento impudente dei nostri disagi e delle nostre disgrazie.
* Questo corpo, un tempo fedele, mi rinnega, non mi segue più, ha smesso di essere mio complice. Respinto, tradito, abbandonato. Cosa diventerei se certi vecchi malanni, per mostrarmi la loro fedeltà, non venissero a tenermi compagnia a ogni ora del giorno e della notte?
* Le persone "distinte" non sono inventive in fatto di linguaggio. Lo sono, invece, in modo straordinario tutti coloro che improvvisano per ciarlataneria o sguazzano in una grossolanità venata di emozione. Sono forze della natura, vivono direttamente nelle parole. Il genio verbale sarebbe dunque appanaggio dei luoghi malfamati? In ogni caso esige un minimo di sporcaccioneria.
* Bisognerebbe limitarsi a una sola lingua e approfondire la conoscenza in ogni occasione. Per uno scrittore, chiacchierare con una portinaia è molto più proficuo che intrattenersi con uno scienziato in una lingua straniera.
* "...la sensazione di essere tutto e la certezza di non essere niente". Il caso mi fece imbattere, in gioventù, in questo frammento di frase. Ne fui sconvolto. Tutto quello che provavo allora, e tutto quello che dovevo provare in seguito era racchiuso in quella straordinaria, banale formula, sintesi di dilatazione e di fallimento, di estasi e di vicolo cieco. Il più delle volte non è da un paradosso ma da un'ovvietà che scaturisce una rivelazione.
* La poesia esclude calcolo e premeditazione: è incompiutezza, presentimento, baratro. Né geometria soddisfatta, né successione di aggettivi esangui. Siamo tutti troppo feriti e troppo decaduti, troppo stanchi e troppo barbari nella nostra stanchezza per apprezzare ancora il mestiere.
* Dell'idea del progresso non se ne può fare a meno, eppure non merita di trattenere la nostra attenzione. è come il "senso" della vita. Bisogna che la vita ne abbia uno. Ma ne esiste uno solo che, all'analisi, non si riveli derisorio?
* Alberi massacrati. Sorgono case. Facce, facce dappertutto. L'uomo si estende. L'uomo è il cancro della terra.
* L'idea di fatalità ha un che di avvolgente e di voluttuoso: ti tiene caldo.
* Un troglodita che avesse percorso tutte le sfumature della sazietà...
* Il piacere di calunniarsi supera di gran lunga quello di essere calunniati.
* Meglio di chiunque conosco il pericolo di essere nato con una sete di tutto. Un dono avvelenato, una vendetta della Provvidenza. Così gravato, non potevo arrivare a niente, sul piano spirituale, s'intende, il solo che conti. Per nulla accidentale, il mio fallimento si confonde con la mia essenza.
* I mistici e le loro "opere complete". Quando ci si rivolge a Dio, e a Dio solo, come essi pretendono, ci si dovrebbe guardare dallo scrivere. Dio non legge.
* Ogni volta che penso all'essenziale, credo di intravederlo nel silenzio o nell'esplosione, nello stupore o nel grido. Mai nella parola.
* Quando si rimugina per tutto il giorno sull'inopportunità della nascita, tutto quello che si progetta e tutto quello che si esegue sembra miserando e futile. Si è come un pazzo che, una volta guarito, non facesse altro che pensare e ripensare alla crisi che ha attraversato, al "sogno" da cui emerge: sicchè la guarigione non gli sarebbe di alcun profitto.
* Il desiderio di tormento è per certuni quello che per altri e l'allettamento del guadagno.
* L'uomo è partito col piede sbagliato. La disavventura in Paradiso ne fu il primo effetto. Il resto doveva venire di conseguenza.
* Non capirò mai come si possa vivere sapendo che non si è - per lo meno! - eterni.
* L'essere ideale? Un angelo devastato dallo humour.
* Quando, dopo una serie di domande sul desiderio, il disgusto e la serenità, viene chiesto a Buddha: "Qual è lo scopo, il senso ultimo del Nirvana?" egli non risponde, sorride. Si sono versati fiumi di inchiostro su quel sorriso, invece di vedervi una reazione normale davanti a una domanda senza oggetto. è quel che facciamo noi davanti ai perchè dei bambini. Sorridiamo, perchè nessuna risposta è concepibile, perchè la risposta sarebbe priva di senso ancor più della domanda. I bambini non ammettono limiti: vogliono sempre guardare oltre, vedere cosa c'è dopo. Ma non c'è nessun dopo. Il nirvana è un limite, il limite. è liberazione, vicolo cieco supremo...
* L'esistenza poteva certo avere qualche attrattiva prima dell'avvento del rumore, diciamo prima del neolitico. A quando l'uomo che saprà disfarci di tutti gli uomini?
* Si ha un bel dirsi che non si dovrebbe superare in longevità un nato-morto; invece di svignarsela alla prima occasione, ci si aggrappa, con l'energia di un alienato, a una giornata in più.
* La lucidità non estirpa il desiderio di vivere, tutt'altro, rende solo inadatti alla vita.
* Dio: una malattia dalla quale ci si crede guariti perchè non ne muore più nessuno.
* L'incoscienza è il segreto, il "principio di vita" della vita. è l'unico rifugio contro l'io, contro il male dell'individuazione, contro l'effetto debilitante dello stato di coscienza, stato così temibile, così difficile da affrontare, che dovrebbe essere riservato soltanto agli atleti.
* Ogni successo, in qualsiasi campo, comporta un impoverimento interiore. Ci fa dimenticare cosa siamo, ci priva del supplizio dei nostri limiti.
* Non mi sono mai preso per un essere. Un non-cittadino, un emarginato, una nullità assoluta che esiste solo per via dell'eccesso, della sovrabbondanza del suo nulla.
* Aver fatto naufragio da qualche parte fra l'epigramma e il sospiro.
* La sofferenza apre gli occhi, aiuta a vedere cose che non si sarebbero percipite altrimenti. Quindi non è utile che alla conoscenza, e, all'infuori di essa, serve solo ad avvelenare l'esistenza. Il che, sia detto di sfuggita, favorisce anche la conoscenza.
"Ha sofferto, dunque ha capito". è tutto quello che si può dire di una vittima della malattia, dell'ingiustizia, o di qualunque altra varietà di sventura. La sofferenza non migliora nessuno (tranne coloro che erano già buoni), e viene dimenticata come viene dimenticata ogni cosa, non entra nel "patrimonio dell'umanità", né si conserva in alcun modo, ma si perde come si perde ogni altra cosa. Ancora una volta, serve solo ad aprire gli occhi.
* L'uomo ha detto ciò che aveva da dire. Ora dovrebbe riposarsi. Si rifiuta - benchè sia entrato nella sua fase di sopravvissuto, si dimena come se fosse alle soglie di una carriera mirabolante.
* Il grido ha senso solo in un universo creato. Se non c'è creatore, a che serve attirare l'attenzione su di sé?
* "Arrivato sulla piazza della Concorde, il mio pensiero era di distruggermi".
Non c'è niente, in tutta la letteratura francese, che mi abbia perseguitato altrettanto.
* In ogni cosa quel che conta è l'inizio e la fine, il fare e disfare. La via verso l'essere e la via fuori dell'essere, ecco il respiro, il fiato - nell'essere, invece, non si può che soffocare.
* A mano a mano che passa il tempo mi persuado che i miei primi anni furono un paradiso. Ma probabilmente mi sbaglio. Se mai paradiso vi fu, dovrei cercarlo prima di tutti i miei anni.
* Regola d'ora: lasciare di sé un'immagine incompleta...
* Più l'uomo è uomo più perde in realtà; è il prezzo che deve pagare per la sua essenza distinta. Se riuscisse ad andare fino in fondo alla sua singolarità, e diventasse uomo in modo totale, assoluto, non avrebbe più niente in sé che ricordi un qualsiasi genere di esistenza.
* Il mutismo di fronte ai decreti della sorte, la riscoperta dopo secoli di implorazione roboante, del Taci antico: ecco a cosa dovremmo costringerci, ecco la nostra lotta, ammesso che questa parola sia adatta a designare una sconfitta prevista e accettata.
* Ogni successo è infamante: non ci si riprende mai - ai propri occhi si intende.
* I tormenti della verità su di sé sono al di sopra di ciò che si può tollerare. Colui che non mente più a se stesso (se mai un tale essere esiste), quanto è da compiangere.
* Non leggerò più i saggi. Mi hanno fatto troppo male. Avrei dovuto abbandonarmi ai miei istinti, lasciare il campo libero alla mia follia. Ho fatto esattamente il contrario, ho messo la maschera della ragione, e la maschera ha finito per sostituirsi al volto e usurpare il resto.
* Nei momenti di megalomania mi dico che le mie diagnosi non possono essere errate, che devo solo pazientare, aspettare fino alla fine, fino all'avvento dell'ultimo uomo, del solo essere in grado di darmi ragione...
* L'idea che sarebbe stato meglio non esistere mai è di quelle che incontrano maggiore opposizione. Ognuno, cerca di guardare se stesso solo dal'interno, si crede necessario, anzi indispensabile; ognuno si sente e si percepisce come una realtà assoluta, come un tutto, come il tutto. Dall'istante in cui ci si identifica completamente con il proprio essere, si reagisce come Dio, si è Dio.
Solo quando si vive nello stesso tempo all'interno e ai margini di sé, si può concepire, in tutta serenità, quanto sarebbe stato preferibile che l'accidente che siamo non si fosse mai prodotto.
* Se seguissi la mia inclinazione naturale, farei saltare in aria tutto quanto. E proprio perchè non ho il coraggio di seguirla, per penitenza, cerco di rimbecillirmi a contatto di coloro che hanno trovato la pace.
* Se uno scrittore ha lasciato il segno dentro di noi non è perchè lo abbiamo letto molto ma perchè abbiamo pensato a lui più del necessario. Non ho frequentato in modo particolare né Baudelaire né Pascal, ma non ho smesso di pensare alle loro miserie, che mi hanno accompagnato ovunque con la stessa fedeltà delle mie.
* A ogni età segni più o meno distinti ci avvertono che è tempo di sloggiare. Esistiamo, rinviamo, persuasi che, giunta finalmente la vecchiaia, quei segni diventeranno così chiari che tergiversare ancora sarebbe sconveniente. Chiari lo sono, infatti, ma non abbiamo più il vigore necessario per compiere il solo atto decente che un vivo possa fare.
* Il nome di una diva, celebre nella mia infanzia, mi ritorna in mente all'improvviso. Chi se ne rammenta ancora? Molto più di una rimuginazione filosofica, sono particolari come questi che ci rivelano la scandalosa realtà e irrealtà del tempo.
* Riusciamo a durare malgrado tutto perchè le nostre infermità sono così numerose e contradditorie che si annullano a vicenda.
* I soli momenti ai quali penso con sollievo sono quelli in cui ho desiderato non essere niente per nessuno, in cui sono arrossito all'idea di lasciare la minima traccia nella memoria di chiunque...
* Condizione indispensabile alla realizzazione spirituale: avere sempre fatto le scommesse sbagliate...
* Se vogliamo veder diminuire il numero delle nostre delusioni o dei nostri furori, occorre, in ogni circostanza, ricordare che siamo qui per renderci infelici gli uni con gli altri, e che insorgere contro questo stato di cose significa minare le basi stesse della vita in comune.
* Una malattia ci appartiene davvero solo dal momento in cui ce ne viene detto il nome, in cui ci viene messa la corda al collo...
* Tutti i miei pensieri sono rivolti alla rassegnazione, eppure non passa giorno che non rimastichi qualche ultimatum all'indirizzo di Dio o di chiunque altro.
* Quando ognuno avrà capito che la nascita è una sconfitta, l'esistenza, finalmente tollerabile, apparirà come l'indomani di una capitolazione, come il sollievo e il riposo del vinto.
* Finchè si credeva al Diavolo, tutto quel che accadeva era intelligibile e chiaro; da quando non ci si crede più, bisogna, per ogni evento, cercare una spiegazione nuova, tanto laboriosa quanto arbitraria, che incuriosisce tutti e non soddisfa nessuno.
* Non perseguiamo sempre la Verità; ma quando la cerchiamo con ardore, con violenza, odiamo tutto ciò che è espressione, tutto ciò che dipende dalle parole e dalle forme, tutte le menzogne nobili, ancora più distanti dal vero di quelle volgari. è reale solo ciò che procede dall'emozione o dal cinismo. Tutto il resto è "talento".
* Vitalità e rifiuto vanno di pari passo. L'indulgenza, segno di anemia, sopprime il riso perchè si inchina a tutte le forme della disparità.
* Le nostre miserie fisiologiche ci aiutano a guardare al futuro con fiducia: ci dispensano dall'angustiarci troppo, fanno del loro meglio perchè nessuno dei nostri progetti di lungo respiro abbia il tempo di logorare tutte le nostre riserve di energia.
* L'impero scricchiolava, i barbari avanzavano... Cosa fare, se non evadere dal secolo? Beato il tempo in cui si aveva dove fuggire, in cui gli spazi solitari erano accessibili e accoglienti! Siamo stati spossessati di tutto, anche del deserto.
* Per chi ha preso l'incresciosa abitudine di smascherare le apparenze, evento e malinteso sono sinonimi. Andare all'essenziale significa abbandonare la partita, confessarsi vinti.
* X ha senz'altro ragione di paragonarsi a un "vulcano", ma ha torto ad entrare in particolari.
* I poveri, a forza di pensare al denaro, e di pensarci costantemente, finiscono col perdere i benefici spirituali del non-possesso e con lo scendere in basso quanto i ricchi.
* Nient'altro che aria, vento insomma, o tutt'al più fumo - così i primi greci consideravano la psiche, e si dà loro volentieri ragione ogni volta che si è stanchi di rovistare nel proprio io o in quello degli altri alla ricerca di profondità insolite e, se possibile, sospette.
* L'ultimo passo verso l'indifferenza è la distruzione dell'idea stessa di indifferenza.
* Camminare in una foresta tra due siepi di felci trasfigurate nell'autunno, ecco un trionfo. Che cosa sono al confronto suffragi e ovazioni?
* Disprezzare i nostri, vilipenderli, polverizzarli, prendercela con le fondamenta, colpire noi stessi alla base, smantellare il nostro punto di partenza, punirci per le nostre origini... maledire tutti quei non-eletti, genia minore, anonima, combattuta fra l'impostura e l'elegia, e la cui sola, missione è di non averne alcuna...
* Avendo distrutto tutti i miei legami, dovrei provare una sensazione di libertà. Ne provo infatti una così intensa che ho paura di rallegrarmene.
* Quando l'abitudine di guardare le cose in faccia diventa mania, si piange il folle che si è stati e che non si è più.