Qualche aforisma di Cioran...
1
* Le tre del mattino. Percepisco questo secondo, e poi quest'altro, faccio il bilancio di ogni minuto. Perchè tutto questo? Perchè sono nato. è da un tipo speciale di veglia che deriva la messa in discussione della nascita.
* "Da quando sono al mondo" quel da quando mi pare gravato di un significato così spaventoso da diventare insostenibile.
* Esiste una conoscenza che toglie peso e portata a quello che si fa - e per la quale tutto è privo di fondamento tranne essa medesima. Pura al punto da aborrire perfino l'idea del soggetto, traduce quel sapere estremo secondo il quale fare o non fare un atto è la stessa cosa, e a cui si associa una soddisfazione altrettanto estrema: il poter ripetere, a ogni incontro, che nessuno dei gesti da noi compiuti merita la nostra adesione, che niente è avvalorato da una qualche traccia di sostanza, che la "realtà" è dell'ordine dell'insensato. Una tale conoscenza meriterebbe di essere definita postuma: opera infatti come se chi conosce fosse vivo e non vivo, essere e memoria di essere. "è già passato" dice costui di tutto ciò che compie, nell'istante stesso dell'atto, che viene così destituito per sempre di presente.
* Noi non corriamo verso la morte, fuggiamo la catastrofe della nascita, ci affanniamo, superstiti che cercano di dimenticarla. La paura della morte è solo la proiezione nel futuro di una paura che risale al nostro primo istante. Ci ripugna, certo, considerare la nascita un flagello: non ci è stato forse inculcato che era il bene supremo, che il peggio era posto alla fine e non all'inizio della nostra traiettoria? Il male, il vero male, è però dietro, non davanti a noi. è quanto è sfuggito al Cristo, è quanto ha invece colto il Buddha: "Se tre cose non esistessero al mondo, o discepoli, il Perfetto non apparirebbe nel mondo...". E, alla vecchiezza e alla morte, antepone il fatto di nascere, fonte di tutte le infermità e di tutti i disastri.
* Si può sopportare qualsiasi verità, per quanto distruttrice sia, purchè surroghi tutto, e abbia la stessa vitalità della speranza alla quale si è sostituita.
* Non faccio niente, d'accordo. Ma vedo passare le ore -e questo è meglio che cercare di riempirle.
* Non bisogna costringersi a un'opera, bisogna solo dire qualcosa che si possa bisbigliare all'orecchio di un ubriaco o di un morente.
* La prova migliore di quanto l'umanità stia regredendo è l'impossibilità di trovare un solo popolo, una sola tribù, in cui la nascita provochi ancora lutto e lamenti.
* Insorgere contro l'ereditarietà è insorgere contro miliardi di anni, contro la prima cellula.
* C'è un dio al principio, se non alla fine, di ogni gioia.
* Non sono mai a mio agio nell'immediato, mi seduce solo quello che mi precede, quello che mi allontano da qui, gli istanti innumerabili in cui non fui: il non nato.
* Bisogno fisico di disonore. Mi sarebbe piaciuto essere figlio di boia.
* Con che diritto vi mettete a pregare per me? Non ho bisogno di intercessori, me la caverò da solo. Da parte di un miserabile forse lo accetterei, ma da nessun altro, foss'anche un santo. Non posso tollerare che ci si preoccupi della mia salvezza. Poichè la pavento e la fuggo, che indiscrezione le vostre preghiere! Orientatele altrove; in ogni modo, non siamo al servizio degli stessi dèi. Se i miei sono impotenti, ho tutte le ragioni di credere che i vostri non lo siano meno. Anche supponendo che siano quali voi li immaginate, mancherebbe comunque loro il potere di guarirmi da un orrore più antico della mia memoria.
* Che misera cosa una sensazione! L'estasi stessa non è, forse, niente di più.
* Disfare, de-creare, è il solo compito che l'uomo possa assegnarsi, se aspira, come tutto lascia supporre, a distinguersi dal Creatore.
* So che la mia nascita è un caso, un incidente risibile, eppure, appena mi lascio andare, mi comporto come se fosse un evento capitale, indispensabile al funzionamento e all'equilibrio del mondo.
* Aver commesso tutti i crimini, tranne quello di esser padre.
* Di norma, gli uomini aspettano la delusione: sanno che non devono spazientirsi, che presto o tardi verrà, che accorderà loro la dilazione necessaria perchè possano dedicarsi alle occupazioni del momento. Diverso è il caso del disingannato: per lui la delusione sopraggiunge contemporaneamente all'atto; non ha bisogno di spiarne l'arrivo, essa è presente. Affrancandosi dalla successione, egli ha divorato il possibile e reso superfluo il futuro. "Non posso incontrarvi nel vostro futuro" dice agli altri. "Non abbiamo un solo istante che ci sia comune". Perchè per lui l'insieme del futuro è già qui. Quando si scorge la fine del principio si va più in fretta del tempo. L'illuminazione, delusione folgorante, dispensa una certezza che trasforma il disingannato in liberato.
* Mi svincolo dalle apparenze e ciò nondimeno vi rimango impastoiato; o meglio: sono a mezza strada fra quelle apparenze e questa cosa che le infirma, questa cosa che non ha né nome né contenuto, questa cosa che è niente ed è tutto. Il passo decisivo fuori dalle apparenze non lo farò mai. La mia natura mi obbliga a ondeggiare, a perpetuarmi nell'equivoco, e se tentassi di decidere in un senso o nell'altro perirei della mia stessa salvezza.
* La mia facoltà di essere deluso oltrepassa l'intendimento. Essa, che mi fa capire il Buddha, è la medesima che mi impedisce di seguirlo.
* Ciò di cui non possiamo più impietosirci non conta e non esiste più. Si capisce perchè il nostro passato cessi così presto di appartenerci per prendere forma di storia: di qualcosa che non riguarda più nessuno.
* Aspirare, nel più profondo di sé, a essere tanto spossessati, tanto miserabili quanto lo è Dio.
* Il vero contatto tra gli esseri si stabilisce solo con la presenza muta, con l'apparente non-comunicazione, con lo scambio misterioso e senza parole che assomiglia alla preghiera interiore.
* Quello che so a sessant'anni lo sapevo altrettanto bene a venti. Quarant'anni di un lungo, superfluo lavoro di verifica...
* Di solito sono così sicuro che tutto sia privo di consistenza, di fondamento, di giustificazione, che chi osasse contraddirmi, foss'anche l'uomo che stimo di più, mi apparirebbe come un ciarlatano o un rimbambito.
* Fin dall'infanzia percepivo lo scorrere delle ore indipendente da ogni riferimento, da ogni atto e da ogni evento, la disgiunzione del tempo da ciò che tempo non era, la sua esistenza autonoma, il suo statuto singolare, il suo imperio, la sua tirannia. Ricordo con estrema chiarezza quel pomeriggio in cui, per la prima volta, di fronte all'universo vacante, non ero più che fuga di istanti ribelli ad adempiere ancora la loro particolare funzione. Il tempo si separava dall'essere a mie spese.
* A differenza di Giobbe non ho maledetto il giorno della mia nascita; gli altri giorni, in compenso, li ho coperti tutti di anatemi...
* Tutto è; niente è. L'una e l'altra formula arrecano uguale serenità, L'ansioso, per sua disgrazia, rimane a mezza strada, tremebondo e perplesso, sempre alla mercè di una sfumatura, incapace di insediarsi nella sicurezza dell'essere o dell'assenza di essere.
* Su quella costa normanna, a un'ora così mattutina, non avevo bisogno di nessuno. La presenza dei gabbiani mi disturbava: li feci fuggire a sassate. E udendo i loro gridi, di uno stridore soprannaturale, capii che proprio quello che mi occorreva, che solo il sinistro poteva calmarmi, e che proprio per incontrarlo mi ero alzato prima dell'alba.
* Essere in vita - improvvisamente sono colpito dalla stranezza di questa espressione, come se essa non si applicasse a nessuno.
* Ogni volta che le cose non vanno e ho pietà del mio cervello, sono colto da una voglia irresistibile di proclamare. Proprio allora intuisco da quali baratri meschini sorgano riformatori, profeti e salvatori.
* Mi piacerebbe essere libero, perdutamente libero. Libero come un
nato morto.
* Se tanta ambiguità e tanto turbamento sono parte integrante della lucidità, è perchè essa è il risultato del cattivo uso che abbiamo fatto delle nostre veglie.
* Trasportandoci al di qua del nostro passato, l'ossessione della nascita ci fa perdere il gusto del futuro, del presente, e del passato stesso.
* Rari sono i giorni in cui, proiettato nella post-storia, io non assista all'ilarità degli dèi al termine dell'episodio umano. Occorre pure una visione di ricambio, quando quella del Giudizio non accontenta più nessuno.
* Un'idea, un essere, qualsiasi cosa si incarni perde il suo volto, tende al grottesco. Frustrazione del compimento. Non evadere mai dal possibile, lasciarsi andare, da eterno velleitario, dimenticare di nascere.
* La vera, unica sfortuna: quella di venire alla luce. Risale all'aggressività, al principio di espansione e di rabbia annidato nelle origini, allo slancio verso il peggio che le squassò.
* Quando due persone si rivedono dopo molti anni dovrebbero sedersi l'una di fronte all'altra e non dirsi niente per ore ed ore, affinchè con il favore del silenzio la costernazione possa assaporare se stessa.
* Giorni miracolosamente colpiti da sterilità. Invece di rallegrarmene, di gridare vittoria, di convertire quell'aridità in festa, di vederli come un punto di arrivo e come una prova della mia maturità, insomma del mio distacco, mi lascio pervadere dalla stizza e dal cattivo umore: tanto è tenace in noi il vecchio uomo, la canaglia smaniosa incapace di scomparire.
* Sono attratto dalla Filosofia Indù, il cui proposito essenziale è il superamento dell'io; eppure tutto quello che faccio e tutto quello che penso è solo io e disgrazie dell'io.
* Mentre agiamo abbiamo uno scopo; ma l'azione, una volta conclusa, non ha per noi maggiore realtà dello scopo che perseguivamo. Non c'era dunque nulla di veramente consistente in tutto ciò, era solo gioco. Ma ci sono alcuni che hanno coscienza di questo gioco durante l'azione stessa: vivono la conclusione nelle premesse, il realizzato nel virtuale, minano la serietà con il fatto stesso di esistere. La visione della non-realtà, del vuoto universale, è il risultato combinato di una sensazione quotidiana e di un fremito brusco. Tutto è gioco -senza questa rivelazione, la sensazione del trascinarsi lungo i giorni non avrebbe quel marchio di evidenza di cui le esperienze metafisiche hanno bisogno per distinguersi dalla loro contraffazione, i malesseri. Perchè ogni malessere non è altro che una esperienza metafisica abortita.
* Quando si è logorato l'interesse che si nutriva per la morte, e si presume di non poterne trarre più nulla, ci si ripiega sulla nascita, ci si mette ad affrontare un baratro ben altrimenti inesauribile...
* In questo preciso momento, ho male. Questo evento, cruciale per me, è inesistente, anzi inconcepibile per il resto degli esseri, per tutti gli esseri. Tranne per Dio, se questa parola può avere un senso.
* Si sente dire da ogni parte che, se tutto è futile, fare bene quello che si fa non lo è. Eppure anche questo lo è. Per giungere a tale conclusione, e sopportarla, non bisogna esercitare alcun mestiere, o tutt'al più quello di re, come Salomone.
* Reagisco come tutti, e perfino come coloro che disprezzo di più; ma mi redimo deplorando ogni atto che compio, buono o cattivo che sia.
* Dove sono le mie sensazioni? Si sono dileguate in...me, e che cos'è questo me, se non la somma di quelle sensazioni evaporate?
* Straordinario e nullo - questi due aggettivi si applicano a un certo atto, e di conseguenza a tutto quello che ne deriva, in primo luogo la vita.
* La chiaroveggenza è il solo vizio che renda liberi - liberi in un deserto.
* Con il passare degli anni diminuisce il numero di coloro con i quali ci si può capire. Quando non avremo più nessuno cui rivolgerci saremo finalmente quali eravamo prima di precipitare in un nome.
* Quando ci si rifiuta di fare del lirismo, riempire una pagina diventa un supplizio: a che serve scrivere per dire esattamente quello che si aveva da dire?
* è impossibile accettare di essere giudicati da qualcuno che ha sofferto meno di noi. E poichè ognuno si crede un Giobbe misconosciuto...
* Sogno un confessore ideale, al quale dire tutto, rivelare tutto, sogno un santo blasé.
* Si muore da tanto di quel tempo che il vivente deve pure avere acquisito l'abitudine a morire; diversamente non ci si spiegherebbe come mai un insetto o un roditore, e l'uomo stesso, pervengano, dopo qualche smorfia, a crepare con tanta dignità.
* Il Paradiso non era sopportabile, altrimento il primo uomo vi si sarebbe adattato; neppure questo mondo lo è, visto che si rimpiange il Paradiso o se ne vagheggia un altro. Che fare? Dove andare? Semplicemente, non facciamo nulla e non andiamo da nessuna parte.
* La salute è certamente un bene; ma a coloro che la posseggono è stata rifiutata la grazia di accorgersene, dato che una salute consapevole di se stessa è una salute compromessa o che sta per diventarlo. Poichè nessuno gioisce della propria assenza di infermità, si può parlare senza esagerazione alcuna di una giusta punizione dei benportanti.
* Taluni hanno sventure; altri ossessioni. Quali sono maggiormente da compiangere?
* Non mi piacerebbe che si fosse equi nei miei confronti: potrei fare a meno di tutto, tranne che del tonico dell'ingiustizia.
* "Tutto è dolore" - la formula buddhista, modernizzata, suonerebbe: "Tutto è incubo". Nel medesimo tempo il nirvana, chiamato a porre fino a un tormento ben più diffuso, diventerebbe, invece che una risorsa per pochi, universale come l'incubo stesso.
* Cos'è una crocifissione unica rispetto a quella, quotidiana, che patisce l'insonne?
* Passeggiavo a un'ora tarda in quel viale alberato, quando mi cadde davanti ai piedi una castagna. Il rumore che fece spaccandosi, l'eco che tale rumore suscitò in me, e un trasalimento sproporzionato rispetto a quell'incidente infimo, mi immersero nel miracolo, nell'ebbrezza del definitivo, come se non ci fossero più interrogativi ma solo risposte. Ero stordito da mille evidenze inattese, di cui non sapevo che fare... Così per poco non attinsi il supremo. Ma giudicai preferibile continuare la passeggiata.
* Confessiamo le nostre pene a un altro soltanto per farlo soffrire, perchè se ne faccia carico. Se volessimo rendercelo amico gli faremmo parte unicamente dei nostri tormenti astratti, i soli che vangano accolti con sollecitudine da tutti coloro che ci amano.
* Non mi perdono di essere nato. è come se, insinuandomi in questo mondo, avessi profanato un mistero, tradito un qualche impegno solenne, commesso una colpa di inaudita gravità. Mi capita però di essere meno perentorio: nascere mi appare allora una calamità che sarei inconsolabile di non aver conosciuto.
* Il pensiero non è mai innocente. Proprio perchè è senza pietà, perchè è aggressione, ci aiuta a far saltare le nostre pastoie. Se si sopprimesse quanto ha di malvagio e perfino di demoniaco, bisognerebbe rinunciare al concetto stesso di liberazione.
* Il modo più sicuro per non sbagliarsi è minare certezza su certezza. Ciò non toglie che tutto quello che conta sia stato fatto al di fuori del dubbio.
* Da tempo, da sempre, ho coscienza che il quaggiù non è ciò di cui avevo bisogno, e che non sarei riuscito ad abituarmici; così, e solo così, ho acquisito un pizzico di orgoglio spirituale, e la mia esistenza mi appare come la degradazione e l'usura di un salmo.
* I nostri pensieri, al soldo del nostro panico, si orientano verso il futuro, seguono la via di ogni timore, sfociano nella morte. Dirigerli verso la nascita e obbligarli a fissarvisi significa invertirne il corso, farli retrocedere. In tal modo perdono quel vigore, quella tensione implacabile che sta al fondo dell'orrore della morte e che ai nostri pensieri è utile se vogliono dilatarsi, arricchirsi, guadagnare forza. Allora si capisce perchè, seguendo un tragitto inverso, manchino di slancio, e siano così stanchi quando finalmente cozzano contro il loro confine primitivo, tanto da non aver più energia per guardare al di là, verso il mai-nato.
* Non sono i miei inizi ad importarmi, è l'inizio stesso. Se mi scontro con la mia nascita, con un'ossessione secondaria, è perchè non posso battermi contro il primo momento del tempo. Ogni malessere individuale è riconducibile, in ultima istanza, a un malessere cosmogonico, dato che ogni nostra sensazione espia quel misfatto della sensazione primordiale attraverso cui l'essere sgusciò fuori da non si sa dove...
* Abbiamo un bel preferirci all'universo, ci odiamo pur sempre molto più di quanto pensiamo. Il saggio è un'apparizione così insolita proprio perchè non sembra intaccarlo l'avversione che, al pari di tutti gli esseri, deve certo nutrire per se stesso.
* Nessuna differenza tra l'essere e il non-essere, se si percepiscono con pari intensità.
* Il non-sapere è il fondamento di tutto, crea il tutto con un atto che si ripete a ogni istante, produce questo mondo e qualsiasi mondo, poichè non smette di prendere per reale ciò che non lo è. Il non-sapere è il gigantesco equivoco che serve di base a tutte le nostre verità, il non-sapere è più antico e più potente di tutti gli dèi messi insieme.
* Da questo si riconosce colui che ha disposizione per la ricerca interiore: dal fatto che porrà al di sopra di qualunque riuscita il fallimento, lo cercherà perfino, inconsciamente, s'intende. Perchè il fallimento, sempre essenziale, ci svela a noi stessi, ci permette di vederci come ci vede Dio, mentre il successo ci allontana da quanto c'è di più intimo in noi e in tutto.
* Ci fu un tempo in cui il tempo non era ancora... Il rifiuto della nascita non è altro che la nostalgia di quel tempo anteriore al tempo.
* Penso a tanti amici che non sono più, e provo pena per loro. Tuttavia non li ritengo proprio da compiangere, perchè hanno risolto tutti i problemi, a cominciare da quello della morte.
* C'è, nel fatto di nascere, una tale assenza di necessità che, quando ci si pensa un po' più del solito, non sapendo come reagire ci si limita a un sorriso ebete.
* Due generi di spiriti: diurni e notturni. Non hanno né lo stesso metodo, né la stessa etica. In pieno giorno ci si sorveglia; al buio si dice tutto. Le conseguenze, salutari o nefaste, di ciò che si pensa importano poco a chi si interroga nelle ore in cui gli altri sono preda del sonno. Perciò rimugina sulla disdetta di essere nato senza preoccuparsi del male che può fare ad altri o a se stesso. Dopo mezzanotte comincia l'ubriacatura delle verità perniciose.
* Con l'accumularsi degli anni, ci si forma un'immagine sempre più fosca del futuro. Forse solo per consolarci di esserne esclusi? Sì in apparenza, no di fatto, perchè il futuro è sempre stato atroce, dato che l'uomo può ovviare ai propri mali solo aggravandoli, cosicchè in ogni epoca l'esistenza è stata molto più tollerabile prima che fosse trovata la soluzione alle difficoltà del momento.
* Nelle grandi perplessità costringiti a vivere come se la storia fosse conclusa e a regire come un mostro roso dalla serenità.
* Se un tempo, davanti a un morto, mi chiedevo: "A che gli è servito nascere?", ora mi pongo lo stesso interrogativo davanti a ogni vivo.
* L'indugiare sulla nascita non è altro che il gusto dell'insolubile spinto fino all'insania.
* Nei confronti della morte, oscillo senza tregua fra il "mistero" e il "nulla", fra le Piramidi e l'Obitorio.
* è impossibile sentire che ci fu un tempo in cui non si esisteva. Da qui l'attaccamento al personaggio che si era prima di nascere.
* "Meditate un'ora soltanto sull'inesistenza dell'io e vi sentirete un altro uomo" diceva un giorno a un visitatore occidentale un bonzo della setta giapponese Kusha. Pur senza aver visitato i conventi buddhisti, quante volte mi sono soffermato sull'irrealtà del mondo, e quindi dell'io? Non sono diventato un altro uomo, no, ma mi è rimasta effettivamente quella sensazione che il mio io non è in alcun modo reale, e che perdendolo non ho perduto nulla, tranne qualcosa, tranne tutto.
* Invece di limitarmi al fatto di nascere, come mi suggerisce il buon senso, mi arrischio, mi trascino all'indietro, retrocedo sempre più verso non so quale cominciamento, passo di origine in origine. Un giorno, forse, riuscirò a raggiungere l'origine stessa, per riposarmi in essa, o sprofondarvi.
* X mi insulta. Sto per schiaffeggiarlo. Poi, ripensandoci, mi astengo. Chi sono? Qual è il mio vero io: quello della replica o quello del ripiegamento? La mia prima reazione è sempre energica; la seconda, fiacca. Quella che definiamo "saggezza" è in fondo solo un perpetuo "ripensandoci", cioè la non azione come primo impulso.
* Se l'attaccamento è un male, bisogna cercarne la causa nello scandalo della nascita, perchè nascere significa attaccarsi. Il distacco dovrebbe quindi cercare di far scomparire le tracce di questo scandalo, il più grave e intollerabile di tutti.
* Nell'ansia e nello smarrimento, la calma improvvisa al pensiero del feto che si è stati.
* In questo preciso istante nessun rimprovero mossomi dagli uomini o dagli dèi potrebbe toccarmi: ho la coscienza in pace proprio come se non fossi mai esistito.
* è un errore credere a un rapporto diretto fra il subire delle disfatte e l'accanirsi contro la nascita. Questo accanimento ha radici più profonde e lontane, e sussisterebbe anche se non avessimo la minima lamentela contro l'esistenza. Anzi, non è mai così virulento come nei casi estremi.
* Traci e Bogomili - non posso dimenticare che ho frequentato gli stessi paraggi né che gli uni piangevano sui neonati e gli altri, per scagionare Dio, rendevano Satana responsabile dell'infamia della Creazione.
* Durante le lunghe notti delle caverne schiere di Amleti dovevano certo monologare senza tregua, poichè si può supporre che l'apogeo del tormento metafisico sia di gran lunga anteriore alla scipitaggine universale conseguente all'avvento della Filosofia.
* L'ossessione della nascita scaturisce da una esacerbazione della memoria, da una onnipresenza del passato, come pure da una bramosia dell'impasse, della prima impasse. Nessuna apertura, quindi nessuna gioia, che vanga dal passato, ma unicamente dal presente e da un futuro emancipato dal tempo.
* Per anni, per una vita in realtà, aver pensato solo agli ultimi istanti, per constatare, quando finalmente se ne è prossimi, che è stato inutile, che il pensiero della morte aiuta tutto fuorchè a morire!
* Sono i nostri malesseri che suscitano, che creano la coscienza; una volta compiuta la loro opera, si affievoliscono e scompaiono uno dopo l'altro. La coscienza, invece, permane e sopravvive, senza ricordare quanto deve loro, senza averlo neanche mai saputo. Per questo non smette di proclamare la sua autonomia, la sua sovranità, perfino quando detesta se stessa e vorrebbe annullarsi.
* Secondo la regola di san Benedetto, se un monaco diventava fiero o solo contento del lavoro che faceva, doveva distogliersene e abbandonarlo. Ecco un pericolo che non teme colui che avrà vissuto nella brama dell'insoddisfazione, nell'orgia del rimorso e del disgusto.
* Se è vero che a Dio ripugna prendere posizione, non proverei nessun disagio in sua presenza, tanto anelerei a imitarlo - a essere come Lui, in tutto, un senza-opinione.
* Alzarsi, lavarsi e poi aspettare qualche varietà imprevista di tetraggine o di sgomento.
* Darei l'universo intero e tutto Shakespeare per un briciolo di atarassia.
* La grande fortuna di Nietzsche di essere finito come è finito. Nell'euforia!
* Richiamarsi senza tregua a un mondo in cui nulla ancora si abbassava a sorgere, in cui si presentiva la coscienza senza desiderarla, in cui, sprofondati nel virtuale, si gioiva della pienezza vacua di un io anteriore all'io... Non essere nato: al solo pensarci, che felicità, che libertà, che spazio!
2
* Se il disgusto del mondo bastasse a conferire la santità, non vedo come potrei evitare la canonizzazione.
* Nessuno è vissuto così vicino al proprio scheletro come io al mio: ne è scaturito un dialogo senza fine e qualche verità che non riesco nè ad accettare nè a rifiutare.
* è più facile andare avanti con i vizi che con le virtù. I vizi, accomodanti per natura, si aiutano l'un l'altro, sono pieni di reciproca indulgenza, mentre le virtù, gelose, si combattono e si annientano, e mostrano in tutto la loro incompatibilità e la loro intolleranza.
* Credere a quello che si fa o che fanno gli altri significa infatuarsi di quisquilie. Si dovrebbe voltare le spalle ai simulacri e persino alle "realtà", porsi al di fuori di tutto e tutti, scacciare o stroncare i propri appetiti, vivere, secondo un adagio indù, con così pochi desideri quanti ne ha un "elefante solitario".
* Perdono tutto a X per il suo sorriso fuori moda.
* Non è umile colui che odia se stesso.
* In certuni tutto, assolutamente tutto, dipende dalla fisiologia: il loro corpo è il loro pensiero, il loro pensiero è il loro corpo.
* Il Tempo, prodigo di risorse, più inventivo e caritatevole di quanto si pensi, possiede una notevole capacità di soccorrerci, di procurarci a ogni istante qualche nuova umiliazione.
* Ho sempre cercato i paesaggi anteriori a Dio. Da qui il mio debole per il Caos.
* Ho deciso di non prendermela più con nessuno da quando ho notato che finisco sempre col rassomigliare al mio ultimo nemico.
* Per molto tempo ho vissuto con l'idea che ero l'essere più normale che fosse mai esistito. Un'idea che mi diede il gusto, anzi la passione, dell'improduttività: a che serve imporsi in un mondo popolato da folli, sprofondato nell'imbecillità o nel delirio? Per chi prodigarsi e a che scopo? Resta da sapere se mi sono totalmente liberato di questa certezza, salvifica in assoluto, rovinosa nell'immediato.
* I violenti sono in generale dei malaticci, degli "sfiniti". Vivono in perpetua combustione, a spese del loro corpo, esattamente come gli asceti, i quali, esercitandosi invece alla quiete, alla pace, vi si consumano ed esauriscono come fanno i pazzi.
* I libri andrebbero scritti unicamente per dire cose che non si oserebbe confidare a nessuno.
* Quando Mara, il Tentatore, cerca di soppiantare il Buddha, costui gli dice fra l'altro: "Con che diritto pretendi di regnare sugli uomini e sull'universo? Hai forse sofferto per la conoscenza?". Ecco la domanda capitale, forse l'unica, che ci si dovrebbe fare quando ci si interroga su chiunque, in primo luogo su un pensatore. Non si distingue mai abbastanza fra coloro che hanno pagato per ogni minimo passo verso la conoscenza e coloro, incomparabilmente più numerosi, cui fu assegnato un sapere comodo, indifferente, un sapere senza travagli.
* Si dice: il tale non ha talento, ha solo stile. Ma lo stile è proprio ciò che non si può inventare, ciò con cui si nasce. è una grazia ereditata, il privilegio che hanno alcuni di far percepire la loro pulsazione organica; lo stile è pià del talento, ne è l'essenza.
* Lo stesso sentimento di estraneità, di gioco inutile, ovunque io vada: fingo di interessarmi a ciò che mi è indifferente, mi dimeno per automatismo o per carità, senza essere mai partecipe, senza essere mai da nessuna parte. Ciò che mi attira è altrove, e questo altrove non so cosa sia.
* Più gli uomini si allontanano da Dio e più progrediscono nella conoscenza delle religioni.
* "...Ma Elohim sa che, il giorno in cui ne mangerete , i vostri occhi si apriranno". Si sono appena aperti, e già comincia il dramma. Guardare senza comprendere, questo è il paradiso. L'inferno sarebbe dunque il luogo in cui si comprende, in cui si comprende troppo....
* Mi intendo veramente bene con qualcuno soltanto allorchè questi ha raggiunto il fondo di se stesso e non ha né il desiderio né la forza di ripristinare le sue illusioni abituali.
* A giudicare senza pietà i propri contemporanei, si hanno buone
probabilità di passare, agli occhi dei posteri, per uno spirito chiaroveggente. Al tempo stesso, si rinuncia all'aspetto aleatorio dell'ammirazione, ai rischi mirabili che essa comporta. Perchè l'ammirazione è un'avventura, la più imprevedibile che ci sia, in quanto può succedere che fiisca bene.
* Le idee vengono camminando, diceva Nietzsche. Il camminare dissipa il pensiero, professava Sankara. Le due tesi sono ugualmente fondate, quindi ugualmente vere, e chiunque può accertarsene nello spazio di un'ora, talvolta di un minuto...
* Nessuna specie di originalità letteraria è ormai possibile se non si tortura, non si scardina il linguaggio. La cosa è diversa se ci si attiene all'espressione in quanto tale. Ci si trova allora in un ambito dove dai tempi dei presocratici le esigenze non sono mutate.
* Magari si potesse risalire oltre il concetto, scrivere direttamente con i sensi, registrare le infime vaiazioni di ciò che si tocca, fare quel che farebbe un rettile se si mettesse all'opera!
* Tutto quello che possiamo avere di buono viene dalla nostra indolenza, dalla nostra incapacità di passare all'atto, di mettere in esecuzione i nostri progetti e i nostri disegni. è l'impossibilità o il rifiuto di realizzarci ad alimentare le nostre "virtù" ed è la volontà di dare il massimo a spingerci agli eccessi e alle sregolatezze.
* Quel "glorioso delirio" di cui parla Teresa d'Avila per designare una delle fasi dell'unione con Dio, è ciò che uno spirito arido, inevitabilmente geloso, non perdonerà mai a un mistico.
* Non un solo istante in cui non sia stato conscio di trovarmi fuori del Paradiso.
* è profondo, è veritiero solo quello che nascondiamo. Da qui la forza dei sentimenti vili.
* "Ama nesciri" dice l'Imitazione. Ama essere ignorato. Si è contenti di sé e del mondo solo quando ci si conforma a tale precetto.
* Il valore intrinseco di un libro non dipende dall'importanza dell'argomento (altrimenti i teologi prevarrebbero, e di gran lunga) ma dal modo di affrontare l'accidentale e l'insignificante, di dominare l'infimo. L'essenziale non ha mai richiesto il minimo talento.
* La sensazione di avere diecimila anni di ritardo, o di anticipo, sugli altri , di appartenere agli esordi o alla fine dell'umanità...
* La negazione non proviene mai da un ragionamento, ma da un non so che di oscuro e di antico. Le argomentazioni vengono dopo, per giustificarla e comprovarla. Ogni no scaturisce dal sangue.
* Grazie all'erosione della memoria, ricordare le prime iniziative della materia e il rischio di vita che ne è conseguito...
* Ogni volta che non penso alla morte ho l'impressione di barare, di ingannare qualcuno in me.
* Ci sono notti che il più ingegnoso dei carnefici non avrebbe potuto inventare. Ne esci a pezzi, inebetito, sgomento, senza ricordi né presentimenti, e senza neppure sapere chi sei. Allora il giorno ti pare inutile, la luce perniciosa, e ancora più opprimente delle tenebre.
* Un pidocchio cosciente dovrebbe affrontare esattamente le stesse difficoltà, gli stessi insolubili problemi che ha l'uomo.
* Meglio essere animale che uomo, insetto che animale, pianta che insetto, e così via. La salvezza? Tutto ciò che assottigla il regno della coscienza e ne compromette la supremazia.
* Ho tutti i difetti degli altri, eppure quello che fanno mi pare inconcepibile.
* A guardare le cose secondo la natura, l'uomo è stato fatto per vivere rivolto verso l'esterno. Se vuole vedere in se stesso deve chiudere gli occhi, rinunciare a intraprendere, uscire dalla corrente. Quella che chiamiamo "vita interiore" è un fenomeno tardivo che è stato reso possibile solo da un rallentamento delle nostre attività vitali, dato che l'"anima" non ha potuto emergere e dispiegarsi se non a scapito del buon funzionamento degli organi.
* La più piccola variazione atmosferica rimette in discussione i miei progetti, non oso dire le mie convinzioni. Questa forma di dipendenza, la più umiliante che ci sia, mi abbatte profondamente, e nel contempo dissipa le poche illusioni che mi rimanevano sulle mie possibilità di essere libero e sulla libertà in sé. A che serve imbaldanzirsi quando si è alla mercè dell'Umido e del Secco? Si desidererebbe schiavitù meno miserevole, e dèi di ben altra levatura.
* Non vale la pena uccidersi, dato che ci si uccide sempre troppo tardi.
* Quando si sa con assoluta certezza che tutto è irreale, non si vede proprio perchè ci si dovrebbe affannare a provarlo.
* A mano a mano che si allontana dall'alba e avanza nella giornata, la luce si prostituisce, e si riscatta -etica del crepuscolo- solo al momento di scomparire.
* Negli scritti buddhisti si parla spesso dell'"abisso della nascita". è davvero un abisso, un baratro, nel quale però non si cade, ma si emerge, a maggiore danno di ciascuno.
* A intervalli sempre più lunghi, ho eccessi di gratitudine per Giobbe e Chamfort, per la vociferazione e il vetriolo...
* Ogni opinione, ogni punto di vista, sono necessariamente parziali, tronchi, insufficienti. In filosofia, e in qualunque cosa, l'originalità si riduce a definizioni incomplete.
* A ben considerare i nostri atti cosidetti generosi, non c'è n'è alcuno che, sotto un certo aspetto, non sia biasimevole e perfino nocivo, tale da ispirarci il rimpianto di averlo compiuto: cosicché ci resta solo da scegliere, in definitiva, fra l'astensione e il rimorso.
* La forza esplosiva della pur minima mortificazione. Ogni desiderio domato rende potenti. Abbiamo tanta più presa su questo mondo quanto più ce ne allontaniamo, quanto meno vi aderiamo. La rinuncia conferisce un potere illimitato.
* Le mie delusioni, invece di convergere verso un centro e costituirsi, se non in sistema, almeno in un insieme, si sono sbandate, dato che ognuna si è perduta per mancanza di organizzazione.
* Hanno successo solo le filosofie e le religioni che ci lusingano, lo facciano in nome del progresso o dell'inferno. Dannato o no, l'uomo prova un bisogno assoluto di essere al centro di tutto. Anzi, unicamente per questa ragione è uomo, è diventato uomo. E se un giorno non provasse più quel bisogno, sarebbe costretto a eclissarsi a vantaggio di un altro animale più orgoglioso e folle.
* Gli ripugnavano le verità oggettive, il travaglio dell'argomentazione, i ragionamenti serrati. Non amava dimostrare, non teneva a convincere nessuno. L'altro è un'invenzione da dialettico.
* Più si è offesi dal tempo, più si vuole sfuggirgli. Scrivere una pagina senza pecche, o anche una sola frase, vi innalza al di sopra del divenire e delle sue corruzioni. Si trascende la morte con la ricerca dell'indistruttibile attraverso il verbo, attraverso il simbolo stesso della caducità.
* Al culmine di una disfatta, nel momento in cui l'onta minaccia di sgominarci, tutt'a un tratto ci travolge una frenesia di orgoglio, che non dura a lungo, appena quanto basta per svuotarci, per lasciarci senza energia, per smorzare, insieme alle nostre forze, l'intensità della nostra onta.
* Se la morte è orribile quanto dicono, come mai dopo un certo tempo riteniamo fortunato qualunque essere, amico o nemico, che abbia cessato di vivere?
* Mi è capitato più di una volta di uscire solo perchè, se fossi rimasto in casa, non ero certo di poter resistere a qualche decisione improvvisa. La strada è più rassicurante, perchè si pensa meno a se stessi, e tutto si attenua e si svilisce, a cominciare dallo sgomento.
* è tipico della malattia vegliare quando tutto dorme,quando tutto riposa, anche il malato.
* Da giovani si trae un certo piacere dalle infermità. Sembrano così nuove, così ricche! Con gli anni non sorprendono più, le conosciamo troppo. Ora, senza un pizzico di imprevisto, non meritano di essere sopportate.
* Appena ci si appella alla parte più segreta di noi e ci si mette a operare, a palesarsi, ci si attribuiscono dei doni, si diviene insensibili alle proprie lacune. Nessuno è in grado di ammettere che ciò che scaturisce dalle sue profondità potrebbe non valere niente. La "conoscenza di sé"? Una contraddizione in termini.
* Tutte queste poesie dove non si parla che di Poesia -tutto un poetare che non ha altro argomento che se stesso. Cosa si direbbe di una preghiera il cui oggetto fosse la religione?
* Lo spirito che mette tutto in discussione sfocia, al termine di mille interrogativi, in una ignavia quasi totale, in una situazione che proprio l'ignavo conosce di primo acchito, d'istinto. Perchè cos'è mai l'ignavia se non una perplessità congenita?
* Quale delusione che Epicuro, il saggio di cui ho maggior bisogno, abbia scritto più di trecento trattati! E quale sollievo che si siano perduti!
* "Che cosa fai dalla mattina alla sera?"
"Mi subisco".
* Una battuta di mio fratello sui disturbi e le malattie che sopportò nostra madre: "La vecchiaia è l'autocritica della natura".
* "Bisogna essere ubriachi o pazzi" diceva Sieyès "per parlare bene nelle lingue conosciute". Bisogna essere ubriachi o pazzi, aggiungo io, per osare ancora servirsi di parole, di qualsiasi parola.
* Il fanatico della malinconia ellittica è destinato a eccellere in qualsiasi carriera, tranne in quella dello scrittore.
* Essendo sempre vissuto nel timore di essere sorpreso dal peggio, ho cercato, in ogni circostanza, di cautelarmi tuffandomi nell'infelicità molto prima che arrivasse.
* Non si invidia chi ha la facoltà di pregare, mentre si è pieni di livore contro i possessori di beni, contro chi conosce ricchezza e gloria. è strano che ci si rassegni alla salvezza di un altro, e non a qualche vantaggio passeggero di cui può godere.
* Non ho incontrato un solo spirito interessante che non fosse ampiamente provvisto di deficienze inconfessabili.
* Non c'è vera arte senza una forte dose di banalità. Chi fa costantemente uso dell'insolito annoia presto, dato che niente è più insopportabile dell'uniformità nell'eccezionale.
* L'inconveniente dell'utilizzare una lingua presa a prestito è di non aver diritto a fare troppi errori. Ora, proprio cercando la forma scorretta pur senza abusarne, sfiorando a ogni istante il solecismo, si dà una parvenza di vita alla scrittura.
* Ognuno crede, inconsciamente si intende, di essere il solo a perseguire la verità, che gli altri siano incapaci di cercarla e indegni di raggiungerla. Questa follia è talmente radicata e utile che è impossibile immaginare che cosa succederebbe a ciascuno di noi se un giorno essa scomparisse.
* Il primo pensatore fu senza alcun dubbio il primo maniaco del perchè. Mania inconsueta, per nulla contagiosa. Rari sono infatti coloro che ne soffrono, che sono rosi dagli interrogativi, e che non possono accettare alcun dato giacchè sono nati nella costernazione.
* Essere obiettivi significa trattare l'altro come si tratta un oggetto, un cadavere; significa comportarsi nei suoi confronti da becchini.
* Questo secondo è svanito per sempre, si è perduto nella massa anonima dell'irrevocabile. Non tornerà mai più. Ne soffro e non ne soffro. Tutto è unico -e insignificante.
* Emily Bronte. Tutto ciò che emana da Lei ha la capacità di sconvolgermi. Haworth è il mio luogo di pellegrinaggio.
* Camminare lungo un fiume, passare, scorrere con l'acqua, senza sforzo, senza precipitazione, mentre la morte continua in noi le sue rimuginazioni, il suo soliloquio ininterrotto.
* Dio soltanto ha il privilegio di abbandonarci. Gli uomini possono solo mollarci.
* Senza la facoltà di dimenticare, il nostro passato graverebbe così pesantemente sul nostro presente che non avremmo la forza di far fronte a un solo istante di più, e ancora meno di entrarvi. La vita sembra tollerabile solo alle nature leggere, a quelle per l'appunto che non ricordano.
* Porfirio racconta che Plotino aveva il dono di leggere negli animi. Un giorno, al suo discepolo, stupitissimo, disse senza preamboli di non tentare di uccidersi e di intraprendere piuttosto un viaggio. Porfirio partì per la Sicilia: guarì dalla malinconia ma -commenta piena di rimpianto- non potè assistere alla morte del maestro, sopraggiunta durante la sua assenza. Da molto tempo i filosofi non leggono più negli animi. Non è il loro mestiere, si dirà. è possibile. Ma allora non deve meravigliare che non ci interessino più granchè.
* Un'opera esiste solo se è preparata nell'ombra, con l'attenzione e la cura dell'assassino che medita un colpo. In entrambi i casi ciò che predomina è la volontà di colpire.
* La conoscenza di sé, la più amara di tutte, è anche quella che viene coltivata di meno: a che serve sorprendersi dal mattino alla sera in flagrante delitto di illusione, risalire senza pietà alla radice di ogni atto, e perdere una causa dopo l'altra davanti al proprio tribunale?
* Ogni volta che ho un vuoto di memoria penso all'angoscia che devono provare coloro che sanno di non ricordare più niente. Ma qualcosa mi dice che, trascorso un certo tempo, li pervade una gioia segreta, che non accetterebbero di scambiare con nessuno dei loro ricordi, neppure il più esaltante.
* Pretendersi più distaccato, più di chiunque estraneo a tutto, ed essere solo un forsennato dell'indifferenza!
* Più si è travagliati da impulsi contraddittori meno si sa a quale credere. Mancare di carattere è questo e nient'altro.
* Il tempo puro, il tempo decantato, svuotato di eventi, di esseri e di cose, si manifesta solo in certi momenti della notte, quando lo senti procedere con l'unico scopo di trascinarti verso una catastrofe esemplare.
3
* Sapere bruscamente di saperne quanto Dio su ogni cosa, e altrettanto bruscamente veder scomparire quella situazione.
* I pensatori di prima mano meditano su cose; gli altri, su problemi. Bisogna vivere faccia a faccia con l'essere, non con lo spirito.
* "Che cosa aspetti ad arrenderti?" - Ogni malattia ci invia un'intimidazione camuffata da interrogativo. Fingiamo di non sentire, pur pensando che lo scherzo è durato già troppo, e che la prossima volta bisognerà avere finalmente il coraggio di capitolare.
* Più vado avanti, meno mi incuriosisce il delirio. Non amo più, fra i pensatori, che i vulcani raffreddati.
* Da giovane mi annoiavo a morte, ma credevo in me. Anche se non avevo la percezione del personaggio debole che sarei diventato, sapevo in compenso che, qualsiasi cosa fosse capitata, la Perplessità non mi avrebbe abbandonato, e avrebbe vegliato sui miei anni con l'esattezza e lo zelo della Provvidenza.
* Se potessimo vederci con gli occhi degli altri, scompariremmo all'istante.
* Dicevo a un amico italiano che i latini sono senza segreti, perchè troppo aperti, troppo ciarlieri, che ad essi preferisco i popoli devastati dalla timidezza, e che uno scrittore che non la conosce nella vita non vale nulla negli scritti. "é vero" mi rispose. "Quando, nei nostri libri, riferiamo le nostre esperienze, esse mancano di intensità e di sviluppi, perchè le abbiamo raccontate già cento volte." è da lì passammo alla letteratura femminile, alla sua assenza di mistero nei paesi in cui hanno imperversato i salotti e il confessionale.
* Non si dovrebbe, ha osservato non so più chi, rinunciare "al piacere della pietà". Si è mai udita maniera più garbata di giustificare la religione?
* Questa voglia di rivedere le proprie infatuazioni, di cambiare idoli, di pregare altrove...
* Sdraiarsi in un campo, odorare la terra e dirsi che proprio essa è il termine e la speranza dei nostri affanni, e che sarebbe vano cercare qualcosa di meglio per riposare e dissolversi.
* Quando mi capita di essere occupato, non penso un solo istante al "senso" di alcunchè, e ancora meno, è chiaro, di quello che sto facendo. è la prova che il segreto di ogni cosa risiede nell'atto e non nell'astensione, causa funesta della coscienza.
* La fisionomia della pittura, della poesia, della musica di qui a un secolo? Nessuno se la può immaginare. Come dopo la caduta di Atene o di Roma, interverrà una lunga pausa, per via dell'estenuazione dei mezzi di espressione e dello sfibramento della coscienza stessa. L'umanità, per riallacciarsi al passato, dovrà inventarsi un nuovo candore, senza il quale non potrà mai riprendere le arti.
* In una delle cappelle di quella chiesa brutta quant'altre mai, si vede la Vergine che con il Figlio si erge sopra il globo terrestre. Una setta aggressiva che ha minato e conquistato un impero e ne ha ereditatole tare, a cominciare dal gigantismo.
* Si dice nello Zohar: "Appena è apparso l'uomo, subito sono apparsi i fiori". Io penso invece che esistessero molto prima di lui, e che la sua venuta li abbia gettati tutti in una stupefazione dalla quale non si sono ancora ripresi.
* è impossibile leggere una riga di Kleist senza pensare che si è ucciso. è come se in lui il suicidio avesse preceduto l'opera.
* In Oriente i pensatori occidentali più curiosi, più strambi, non sarebbero mai stati presi sul serio, a causa delle loro contraddizioni. Per noi, proprio in questo risiede il motivo dell'interesse di cui li facciamo oggetto. Non amiamo un pensiero, ma le peripezie, la biografia di un pensiero, le incompatibilità e le aberrazioni che vi si trovano, amiamo insomma gli spiriti che, non sapendo come mettersi in regola con gli altri e ancora meno con se stessi, barano, per capriccio e per fatalità. Il loro segno distintivo? Un pizzico di finzione nel tragico, un accenno di gioco perfino nell'incurabile.
* Nelle Fondazioni Teresa d'Avila si sofferma a lungo sulla malinconia proprio perchè la ritiene inguaribile. I medici, dice, non possono farci nulla, e la superiora di un convento, davanti a malate di quel qenere, ha una sola risorsa: ispirare loro il timore dell'autorità, minacciarle, far loro paura. Il metodo raccomandato dalla santa resta ancora il migliore: di fronte a un "depresso", appare chiaro che sarebbero efficaci solo i calci, gli schiaffi, un bel po' di botte insomma. Ed è d'altronde quello che il "depresso" fa quando decide di uscirne: ricorre ai mezzi estremi.
* Nei confronti di un qualunque atto della vita, lo spirito fa la parte del guastafeste.
* Ci si immagina senza difficoltà che gli elementi, stufi di ripetere un tema scontato, disgustati delle loro combinazioni sempre uguali, senza varianti nè sorprese, cerchino qualche svago: la vita non sarebbe altro che una disgressione, un aneddoto...
* Tutto quello che si fa mi sembra pernicioso e, nel migliore dei casi, inutile. A rigore, posso agitarmi ma non posso agire. Capisco bene, troppo bene, la battuta di Wordsworth su Coleridge: "Eternal activity without action".
* Ogni volta che qualcosa mi sembra ancora possibile ho l'impressione di essere stato stregato.
* L'unica confessione sincera è quella che facciamo indirettamente, parlando degli altri.
* Non adottiamo una credenza perchè è vera (tutte lo sono) ma perchè siamo spinti da una forza oscura. Basta che questa forza ci abbandoni, ed ecco la prostrazione e il tracollo, il faccia a faccia con ciò che rimane di noi stessi.
* "è peculiare di ogni forma perfetta che lo spirito emani da essa in modo immediato e diretto, mentre la forma difettosa lo trattiene prigioniero, come un cattivo specchio che non ci rimanda altro che se stesso". Facendo questo elogio -così poco tedesco- della limpidezza, Kleist non pensava in particolare alla filosofia, o almeno non era lei il suo bersaglio; ciò non toglie che la sua sia la migliore critica mai fatta del gergo filosofico, pseudo-linguaggio che, volendo riflettere le idee, riesce ad acquistare rilievo soltanto a loro spese, a snaturarle e ad offuscarle, valorizzando invece se stesso. Con una delle usurpazioni più desolanti, la parola è diventata protagonista in un ambito in cui dovrebbe passare inosservata.
* "O Satana, mio Signore, mio do a te per sempre!". - Come rimpiango di non ricordare il nome della religiosa che, per aver scritto queste parole con un chiodo intinto nel suo stesso sangue, meriterebbe di figurare in un'antologia della preghiera e della laconicità!
* La coscienza è molto più della scheggia, è il pugnale nella carne.
* C'è ferocia in tutte le condizioni, tranne che nella gioia. La parola Schadenfreude, gioia maligna, è un controsenso. Fare il male è un piacere, non una gioia. La gioia, sola vera vittoria sul mondo, è pura nella sua essenza, ed è quindi irriducibile al piacere, sempre sospetto, in se stesso come nelle sue manifestazioni.
* Un'esistenza costantemente trasfigurata dal fallimento.
* Il saggio è colui che accondiscende a tutto, perchè non si identifica con niente. Un opportunista senza desideri.
* Conosco una sola visione della poesia che sia pienamente soddisfacente: quella di Emily Dickinson quando dice che in presenza di una vera poesia è colta da un tale freddo da avere la sensazione che nessun fuoco potrà più riscaldarla.
* Il grande torto della natura è di non aver saputo limitarsi a un solo regno. In confronto al vegetale, tutto appare inopportuno, fuori luogo. Il sole avrebbe dovuto imbronciarsi all'avvento del primo insetto, e sloggiare all'irruzione dello scimpanzé.
* A mano a mano che si invecchia, si fruga sempre più nel proprio passato a scapito dei "problemi", probabilmente perchè è più facile rimestare ricordi che idee.
* Gli ultimi ai quali perdoniamo l'infedeltà nei nostri confronti sono coloro che abbiamo deluso.
* Abbiamo sempre l'impressione che quello che fanno gli altri noi potremmo farlo meglio. Purtroppo non abbiamo la stessa sensazione riguardo a quello che facciamo noi stessi.
* "Ero profeta" ci avverte Maometto "quando Adamo era ancora fra l'acqua e l'argilla".
...Quando non si è avuto l'orgoglio di fondare una religione - o almeno di demolirne una -, come osare mostrarsi alla luce del sole?
* Il distacco non si impara: è inscritto in una civiltà. Non vi si ispira, lo si scopre in sé. Ecco cosa mi dicevo leggendo che un missionario, in Giappone da diciotto anni, poteva contare, in tutto e per tutto, solo sessanta convertiti, per di più anziani. E anche questi all'ultimo momento gli sfuggirono: morirono alla maniera nipponica, senza rimorsi, senza tormenti, da degni discendenti dei loro antenati i quali, all'epoca delle lotte contro i mongoli, per agguerrirsi, si lasciavano impregnare del nulla di tutte le cose e del loro proprio nulla.
* Solo sdraiati si può elucubrare sull'eternità. Essa è stata per un periodo considerevole la preoccupazione primaria degli Orientali: non prediligevano forse la posizione orizzontale?
Appena ci si sdraia, il tempo cessa di scorrere, e di contare. La storia è il prodotto di una genia eretta.
In quanto animale verticale, l'uomo avrebbe preso l'abitudine di guardare davanti a sé non solo nello spazio, ma anche nel tempo. A quale miseranda origine risale l'Avvenire!
* Ogni misantropo, per quanto sincero sia, ricorda a volte quel vecchio poeta inchiodato a letto e completamente dimenticato, il quale, infuriato con i contemporanei, aveva decretato di non volerne più ricevere nessuno. Sua moglie, per spirito di carità, andava di tanto in tanto a suonare alla porta.
* Un'opera è terminata quando non la si può più migliorare, benchè si sappia che è insufficiente e incompleta. Ne siamo talmente esasperati che non abbiamo più il coraggio di aggiungere una sola virgola, fosse'anche indispensabile. Ciò che determina il grado di compiutezza di un'opera non è affatto una esigenza di arte o di verità, è la stanchezza e, più ancora, il disgusto.
* La più piccola frase che si deve scrivere esige un simulacro di invenzione, quando basta invece un minimo di attenzione per addentrarsi in un testo, anche difficile. Scarabocchiare una cartolina postale si apparenta a un'attività creatrice più che leggere la "Fenomenologia dello Spirito".
* Il buddhismo definisce la collera "lerciume dello spirito"; il manicheismo "radice dell'albero della morte". Lo so. Ma a che mi serve saperlo?
* Mi era del tutto indifferente. Pensando all'improvviso, dopo tanti anni, che qualsiasi cosa capiti non la rivedrò mai più, sono quasi venuto meno. Comprendiamo cosa sia la morte solo rammentandoci a un tratto qualcuno che non è stato niente per noi.
* A mano a mano che l'arte sprofonda in un vicolo cieco, si moltiplicano gli artisti. Questa anomalia cessa di essere tale se si pensa che l'arte, in via di esaurimento, è diventata insieme impossibile e facile.
* Nessuno è responsabile di quello che è e neppure di quello che fa. è evidente, e tutti più o meno ne convengono. Perchè allora osannare o denigrare? Perchè esistere equivale a valutare, a formulare giudizi, e l'astensione, quando non sia effetto dell'apatia o della viltà, esige uno sforzo che nessuno intende compiere.
* Ogni specie di fretta, sia pure verso il bene, tradisce un qualche disordine mentale.
* I pensieri meno impuri sono quelli che germogliano tra i nostri fastidi, negli intervalli dei nostri affanni, nei momenti di lusso che la nostra miseria si concede.
* I dolori immaginari sono di gran lunga i più reali, dato che ne abbiamo un bisogno costante e li inventiamo perchè non c'è modo di farne a meno.
* Se è caratteristica del saggio non fare niente di inutile, nessuno mi supererà in saggezza: non mi abbasso neppure alle cose utili.
* Impossibile immaginare un animale degradato, un sotto-animale.
* Magari avessimo potuto nascere prima dell'uomo!
* Per quanti sforzi faccia, non riesco a disprezzare tutti i secoli durante i quali non ci si è dedicati ad altro che a mettere a punto una definizione di Dio.
* Il modo più efficace di sottrarsi a uno sconforto, motivato o gratuito, è prendere un dizionario, preferibilmente di una lingua che si conosce appena, e cercare parole su parole, badando che siano di quelle che non si useranno mai...
* Finchè si vive al di qua del terribile, si trovano parole per esprimerlo; appena lo si conosce dall'interno, non se ne trova più nessuna.
* Non esiste una sofferenza limite.
* Le afflizioni di ogni genere passano, ma il fondo da cui provengono sussiste, e niente ha presa su di esso. è inattacabile e inalterabile. è il nostro fatum.
* Rammentare, nel furore quanto nella desolazione, che la natura, come dice Bossuet, non consentirà a lasciarci a lungo "quel poco di materia che ci presta". Quel "poco di materia" - a forza di pensarci si raggiunge la calma, una calma, è vero, che sarebbe meglio non aver mai conosciuto.
* Il paradosso non si addice ai funerali, e neppure ai matrimoni o alle nascite. Gli eventi sinistri - o grotteschi - esigono il luogo comune, giacchè il terribile, come il doloroso, consente solo lo stereotipo.
* Per quanto disincantati siamo, ci è impossibile vivere senza alcuna speranza. Ne serbiamo sempre una, a nostra insaputa, e quella speranza inconscia compensa tutte le altre, esplicite, che abbiamo respinto o esaurito.
* Più uno è carico d'anni, più parla della sua scomparsa come di un evento lontano, altamente improbabile. Ha preso talmente il vizio della vita che è diventato inadatto alla morte.
* Un cieco, una volta tanto autentico, tendeva la mano: nel suo atteggiamento, nella sua rigidità, c'era qualcosa che ti colpiva, che ti toglieva il respiro. Ti trasmetteva la sua cecità.
* Solo ai bambini e ai pazzi perdoniamo di essere franchi con noi: gli altri, se hanno l'audacia di imitarli, presto o tardi se ne pentiranno.
* Per essere "felici" bisognerebbe avere sempre presente l'immagine delle sventure alle quali siamo sfuggiti. Per la memoria sarebbe questo un modo di riscattarsi, dato che, serbando in genere solo il ricordo delle sventure avvenute, essa si adopera a sabotare la felicità e ci riesce a meraviglia.
* Dopo una notte insonne i passanti hanno l'aria di automi. Pare che nessuno respiri, o cammini. Sembrano tutti mossi da una molla: niente di spontaneo, sorrisi meccanici, gesticolazioni da spettri. Spettro tu stesso, come potresti negli altri vedere dei vivi?
* Essere sterili - con tante sensazioni! Eterna poesia senza parole.
* La fatica pura, senza causa, la fatica che giunge come un dono o un flagello: solo grazie ad essa reintegro il mio io, mi so "io". Appena svanisce, non sono più che un oggetto inanimato.
* Tutto ciò che è ancora vivo nel folclore viene da prima del cristianesimo. - Lo stesso vale per tutto quello che è vivo in ognuno di noi.
* Colui che paventa il ridicolo non andrà mai lontano, nel bene come nel male, rimarrà al di qua dei suoi talenti, e quand'anche avesse genio, sarebbe pur sempre votato alla mediocrità.
* "Nel pieno delle vostre attività più intense, fermatevi un attimo per "guardare" il vostro spirito" - tale raccomandazione non è rivolta certo a coloro che "guardano", il loro spirito notte e giorno, e che di conseguenza non debbono sospendere un istante le loro attività, per la buona ragione che non ne svolgono alcuna.
* Soltanto quello che è stato concepito nella solitudine, innanzi a Dio, si sia o no credenti, è destinato a durare.
* La passione per la musica è già da sola una confessione. Sappiamo di più su uno sconosciuto appassionato di musica che su qualcuno che alla musica è insensibile e che incontriamo ogni giorno.
* Non c'è meditazione senza una tendenza alla rimuginazione.
* Finchè l'uomo era a rimorchio di Dio avanzava lentamente, così lentamente che non se ne accorgeva neppure. Da quando non vive più all'ombra di nessuno, si affretta, e se ne angustia, e darebbe qualunque cosa per ritrovare l'antica cadenza.
* Abbiamo perduto nascendo quanto perderemo morendo. Tutto.
* Sazietà - ho appena pronunciato questa parola, e già non so più a che proposito, tanto essa si addice a tutto quello che provo e penso, a tutto quello che amo e detesto, alla sazietà stessa.
* Non ho ucciso nessuno, ho fatto di più: ho ucciso il Possibile e, proprio come Macbeth, ciò di cui ho più bisogno è pregare, ma, proprio come lui, non posso dire Amen.
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* Distribuire colpi nessuno dei quali va a segno, attaccare tutti senza che nessuno se ne accorga, scoccare frecce di cui si è i soli a ricevere il veleno!
* X, che ho sempre trattato nel peggior modo possibile, non mi porta rancore perchè non porta rancore a nessuno. Perdona tutte le ingiurie, non ne rammenta alcuna. Come lo invidio! Per essere come lui avrei bisogno di percorrere molteplici esistenze ed esaurire tutte le mie possibilità di trasmigrazione.
* All'epoca in cui me ne andavo in giro in biclicletta per mesi attraverso la Francia, il mio massimo piacere era fermarmi nei cimiteri di campagna, sdraiarmi fra le tombe, e fumare così per ore. Ci penso come al periodo più attivo della mia vita.
* Come dominarsi, come saper essere padroni di sé, quando si viene da un paese in cui alle sepolture si urla?
* Certe mattine, appena metto piede fuori casa, sento delle voci che mi chiamano per nome. Sono davvero io? è proprio il mio nome? Ma sì, è proprio lui, riempie lo spazio, è sulla bocca dei passanti. Tutti lo articolano, anche quella donna nella cabina accanto alla mia, all'ufficio postale. Le veglie divorano i nostri ultimi residui di buon senso e di modestia, e ci farebbero perdere la ragione, se la paura del ridicolo non ci venisse a salvare.
* Curiosità e repulsione, anche terrore davanti al suo sguardo untuoso e metallico, davanti alla sua ossequiosità, alla sua furbizia grossolana, alla sua ipocrisia stranamente non velata, alle sue continue ed evidenti dissimulazioni, davanti a quel miscuglio di canagliesco e di folle. Impostura e infamia in piena luce. La sua insincerità è percepibile in ogni suo gesto, in ogni sua parola. Il termine non è esatto, perchè essere insincero significa celare la verità, significa conoscerla, mentre in lui nessuna traccia, nessuna idea, nessun sentore di verità, nè di menzogna d'altro canto, nulla, tranne una durezza immonda, una demenza interessata...
* Verso mezzanotte una donna in lacrime mi si accosta per strada: "Mi hanno fatto fuori il marito, la Francia è schifosa, per fortuna sono bretone, mi hanno portato via i figli, mi hanno drogata per sei mesi...". Non essendomi accorto subito che era pazza, tanto la sua pena sembrava reale (e in un certo senso lo era), l'ho lasciata monologare per una buona mezz'ora: parlare le faceva bene. Poi mi sono allontanato, pensando che la differenza tra lei e me sarebbe minima se mi mettessi a mia volta a sciorinare le mie recriminazioni davanti al primo venuto.
* Un professore di un paese dell'Est mi racconta che sua madre, una contadina, fu molto stupita nell'apprendere che lui soffriva di insonnia. Quando il sonno non giungeva a lei bastava immaginare un vasto campo di grano ondulato dal vento, e subito si addormentava.
Con l'immagine di una città non si otterrebbe certo il medesimo risultato. è inspiegabile, è miracoloso il fatto stesso che un cittadino riesca a chiudere occhio.
* Il caffè è frequentato dai vecchi che abitano nell'ospizio in fonda al paese. Stanno lì, con un bicchiere in mano, guardandosi senza parlare. Uno di loro si mette a raccontare non so cosa che vorrebbe essere divertente. Nessuno lo ascolta, ad ogni modo nessuno ride. Tutti hanno sfacchinato lunghi anni per arrivare a questo. Un tempo, nelle campagne, li avrebbero soffocati sotto un cuscino. Formula saggia, perfezionata da ogni famiglia, e incomparabilmente più umana di quella di ammassarli, di rinchiuderli per guarirli dalla noia con l'intontimento.
* Se si crede alla Bibbia, fu Caino a creare la prima città, per avere, come nota Bossuet, un luogo dove studiare i propri rimorsi. Quale verdetto! e quante volte ne ho verificato la giustezza nelle mie deambulazioni notturne.
* Una notte, salendo le scale nel buio profondo, fui arrestato da una forza invincibile, scaturita dal di fuori e dal di dentro. Incapace di fare un passo di più, rimasi inchiodato lì, pietrificato. IMPOSSIBILITà - questa parola così comune venne, più a proposito del solito, a illuminarmi su me stesso, non meno che su di essa: mi aveva soccorso tanto spesso, eppure mai come quella volta. Capii finalmente e per sempre cosa volesse dire...
* Una vecchia cameriera al mio "Come vanno le cose?" risponde senza fermarsi: "Vanno per la loro via".Quella pur banalissima risposta mi ha scosso fino alle lacrime.
Le locuzioni che concernono il divenire, il passaggio, la via, più sono logore e più assumono talvolta la portata di una rivelazione. La verità è tuttavia che non sono esse a creare uno stato eccezionale, ma che ci trovavamo noi stessi in quello stato senza saperlo, e bastava un segno o un pretesto perchè lo straordinario avesse luogo.
* Abitavamo in campagna, andavo a scuola, e particolare importante, dormivo nella stessa camera dei miei genitori. Alla sera mio padre aveva l'abitudine di leggere qualche pagina a mia madre. Benchè fosse prete, leggeva qualsiasi cosa, pensando probabilmente che, data la mia età, non fossi in grado di capire. In genere non ascoltavo e mi addormentavo, eccetto quando si trattava di qualche storia avvincente. Una notte drizzai le orecchie. Era, nella biografia di Rasputin, la scena in cui il padre in punto di morte, fa venire il figlio per dirgli: "Va' a San Pietroburgo, diventa Padrone della città, non arretrare davanti a niente e non temere nessuno, perchè Dio è un vecchio porco."
Una tale enormità sulle labbra di mio padre, per il quale il sacerdozio non era uno scherzo, mi impressionò quanto un incendio o un terremoto. Ma ricordo anche molto nettamente - sono passati da allora più di cinquant'anni - che la mia emozione fu seguita da un piacere strano, non oso dire perverso.
* Essendomi addentrato un poco, nel corso degli anni, in due o tre religioni, ho indietreggiato ogni volta, alle soglie della conversione, per timore di mentire a me stesso. Nessuna di esse era, ai miei occhi, abbastanza libera da ammettere che la vendetta è un bisogno, il più intenso e profondo che esista, e che ognuno deve soddisfarlo, non fosse che a parole. Se lo soffochiamo, ci esponiamo a turbe gravi. Più di uno squilibrio - forse addirittura tutti gli squilibri - scaturisce da una vendetta che abbiamo troppo a lungo differito. Osiamo esplodere! Qualunque malessere è più sano di quello provocato da una rabbia accumulata.
* Filosofia all'Obitorio: "Mio nipote, è chiaro, non ha avuto successo; altrimenti avrebbe avuto un'altra fine."
"Sa, signora," ho risposto a quella grassa matrona, "successo o no, è la stessa cosa."
"Ha ragione." replicò lei dopo qualche secondo di riflessione.
Quell'acquiescenza così inattesa da parte di una donna come lei mi scombussolò quasi quanto la morte del mio amico.
* I tarati... mi sembra che la loro avventura, meglio di qualsiasi altra, getti un fascio di luce sull'avvenire, che soltanto essi permettono di intravederlo e di decifrarlo, e che a prescindere dalle loro imprese significhi rendersi per sempre inadatti a descrivere i giorni che si annunciano.
* "Peccato" mi dicevi. "che N. non abbia prodotto niente".
"Che importa! Esiste. Se avesse sfornato libri, se avesse avuto la sventura di "realizzarsi", non staremmo qui a parlare di lui da un'ora. Il vantaggio di essere qualcuno è più raro di quello di operare. Produrre è facile; difficile è disdegnare di far uso dei propri doni".
* Si gira un film, la stessa scena viene ripetuta innumerevoli volte. Un passante, chiaramente un provinciale, non se ne capacita: "Dopo aver visto questo, non andrò mai più al cinema".
Si potrebbe reagire allo stesso modo di fronte a qualsiasi cosa di cui si siano intravisti i retroscena e di cui di sia colto il segreto. Eppure, con una onubilazione che ha del portentoso, vi sono ginecologi che si incapricciano delle clienti, becchini che fanno figli, incurabili che abbondano in progetti, scettici che scrivono...
* T,. figlio di rabbino, deplora che quel periodo di persecuzioni senza precedenti non abbia visto nascere nessuna preghiera originale, che potesse essere adottata dalla comunità e recitata nelle sinagoghe. Gli assicuro che ha torto ad accorarsi e allarmarsi: i grandi disastri non producono nulla sul piano letterario o religioso. Soltanto le mezze disgrazie sono feconde, perchè possono essere, perchè sono un punto di partenza, mentre un inferno troppo perfetto è sterile quasi quanto il paradiso.
* Avevo vent'anni. Tutto mi pesava. Un giorno mi accasciai su un divano con un "Non ne posso più". Mia madre, atterrita dalle mie notti insonni, mi annunciò che aveva fatto dire una messa per il mio "riposo". Non una ma trentamila, avrei voluto gridare, pensando alla cifra inscritta da Carlo V nel suo testamento, per un riposo, è vero, ben altrimenti lungo.
* L'ho rivisto per caso dopo un quarto di secolo. è immutato, intatto, più fresco che mai, sembra perfino aver regredito verso l'adolescenza.
Dove si è rintanato, che cosa ha combinato per sottrarsi all'azione degli anni, per scampare alle smorfie e alle rughe? E come ha vissuto, se pure ha vissuto? Un fantasma, piuttosto. Sicuramente ha barato, non ha adempiuto ai suoi doveri di vivo, non è stato al gioco. Uno spettro, sì, e uno scroccone. Non distinguo nessun segno di distruzione sul suo volto, nessuna di quelle tracce che attestano che uno è un essere reale, un individuo, e non un'apparizione. Non so cosa dirgli, provo imbarazzo, ho finanche paura. Tanto ci sconcerta chi sfugge al tempo, o soltanto lo elude.
* D.C., il quale, nel suo paesino in Romania, scriveva i suoi ricordi d'infanzia, aveva assicurato a un vicino, un contadino di nome Coman, che non si sarebbe dimenticato di lui; costui venne a trovarlo l'indomani di buon'ora e gli disse: "So di non valere nulla, però non credevo di essere caduto così in basso da far parlare di me in un libro".
Quanto era superiore al nostro mondo orale! Gli esseri (dovrei dire i popoli) rimangono nel vero solo fintanto che hanno orrore dello scritto. Non appena contraggono questo pregiudizio, entrano nel falso, perdono le antiche superstizioni per acquisirne una nuova, peggiore di tutte le altre messe insieme.
* Incapace di alzarmi, inchiodato al letto, mi lascio andare ai capricci della memoria e mi vedo vagabondare, fanciullo, nei Carpazi. Un giorno incontrai un cane che il padrone, per sbarazzarsene, aveva attaccato a un albero, e che era trasparente di magrezza e così svuotato di ogni vita che ebbe solo la forza di guardarmi senza potersi muovere. Eppure stava ritto, lui...
* Uno sconosciuto mi viene a raccontare che ha ucciso non so chi.
Non è ricercato dalla polizia, perchè nessuno lo sospetta. Sono io il solo a sapere che l'assassino è lui. Che fare? No ho l'audacia né la lealtà (perchè mi ha confidato un segreto, e che segreto!) di andare a denunciarlo. Mi sento suo complice e mi rassegno ad essere arrestato e punito come tale. Al tempo stesso mi dico che sarebbe troppo stupido. Forse lo denuncerò ugualmente. Vado avanti così fino al risveglio.
L'interminabile è la specialità degli indecisi. Non possono prendere alcuna decisione nella vita, e ancora meno nei sogni, dove perpetuano le loro esitazioni, le loro viltà , i loro scrupoli. Sono idealmente portati all'incubo.
* Un film sugli animali selvaggi: crudeltà senza tregua sotto tutte le latitudini. La "natura", carnefice geniale, compresa di sé e della propria opera, esulta non senza ragione: a ogni secondo, tutto quello che vive trema e fa tremare. La pietà è un lusso bizzarro, che solo il più perfido e feroce degli esseri poteva inventare, per bisogno di castigarsi e di torturarsi, e ancora per ferocia.
* Su un cartello che, all'entrata di una chiesa, annuncia "L'Arte della Fuga", qualcuno ha tracciato a caratteri cubitali: "Dio è morto". E ciò a proposito del musicista che testimonia che Dio, nell'ipotesi che fosse defunto, può risuscitare, proprio per il tempo che dura una certa cantata o una certa fuga!
* Abbiamo passato insieme poco più di un'ora. Ne ha approfittato per pavoneggiarsi e, a forza di voler dire cose interessanti su se stesso, ci è riuscito. Se si fosse rivolto solo elogi ragionevoli, lo avrei trovato asfissiante e lo avrei lasciato dopo qualche minuto. Esagerando, recitando bene la parte del fanfarone, ha rasentato l'ingegnosità, anzi poco è mancato che ne avesse. Il desiderio di apparire sottili non nuoce alla sottigliezza.
Un ritardato mentale, se potesse provare la voglia di stupire, riuscirebbe a darla a bere, e persino a raggiungere l'intelligenza.
* X, che ha oltrepassato l'età dei patriarchi, dopo essersi accanito, durante un lungo colloquio con me, contro gli uni e gli altri, mi disse: "La grande debolezza della mia vita è stata quella di non aver mai odiato nessuno".
L'odio non diminuisce con gli anni, anzi aumenta. Quello di un rimbambito raggiunge proporzioni a malapena immaginabili: diventato insensibile agli antichi affetti, egli mette ogni talento al servizio dei suoi rancori, i quali, miracolosamente rinvigoriti, sopravvivono al disfacimento della memoria e anche della ragione.
...il pericolo di frequentare vecchi deriva dal fatto che, vedendoli così lontani dal distacco e così incapaci di accedervi, ci si arroga tutti i meriti che essi dovrebbero avere e che non hanno. Ed è inevitabile che la superiorità, reale o fittizia, che si crede di avere su di loro in fatto di stanchezza o di disgusto inciti alla presunzione.
* Ogni famiglia ha la propria filosofia. Un mio cugino, morto giovane, mi scriveva: "Tutto è come è sempre stato e come probabilmente sarà fino a che non ci sarà più nulla".
* Dal canto suo, mia madre terminava le ultime righe che mi scrisse con questa frase testamento: "Qualsiasi cosa l'uomo intraprenda, presto o tardi lo rimpiangerà ".
Non posso dunque neppure vantarmi di aver acquisito questo vizio del rimpianto attraverso le mie delusioni personali. Mi precede, fa parte del patrimonio della mia tribù. Che retaggio, l'inattitudine ad illudersi!
* A qualche chilometro del mio paese natale si trova, appollaiato sulle alture, un boro abitato unicamente da zingari. Nel 1910 un etnologo dilettante vi si recò, accompagnato da un fotografo. Riuscì a radunare gli abitanti, che accettarono di farsi fotografare senza sapere cosa significasse. Quando si chiese loro di rimanere immobili, una vecchia esclamò: "Attenti! Ci stanno rubando l'anima!". Allora, tutti si precipitarono sui due visitatori, che penarono non poco a trarsi d'impaccio.
Attraverso quei gitani mezzo selvaggi, non era forse l'India, loro paese di origine, che parlava in quella circostanza?
* In perpetua rivolta contro la mia stirpe, ho desiderati per tutta la vita essere altro: spagnolo, russo, cannibale -tutto, eccetto quello che ero. è un'aberrazione volersi differenti da quello che si è, adottare in teoria tutte le condizioni, esclusa la propria.
* Il giorno in cui lessi l'elenco pressapoco completo delle parole di cui dispone il sanscrito per designare l'assoluto, capii che avevo sbagliato strada, paese e idioma.
* Un'amica, dopo non so quanti anni di silenzio, mi scrive che non ne ha più per molto, che si prepara a "entrare nell'ignoto"... Questo luogo comune mi ha fatto storcere il naso. Non vedo in che cosa, attraverso la morte, si possa entrare. Ogni affermazione, qui, mi pare un abuso. La morte non è uno stato, non è forse neppure un passaggio. Che cos'è dunque? E con quale luogo comune, a mia volta, risponderò a quell'amica?
* Su uno stesso argomento, su uno stesso evento, mi può accadere di cambiare opinione dieci, venti, trenta volte nello spazio di una giornata. E dire che, ogni volta, come l'ultimo degli impostori, oso pronunciare la parola "verità"!
* La donna, ancora robusta, trascinava dietro di sé il marito, alto, curvo, con gli occhi attoniti; lo trascinava come se fosse un sopravvissuto di un'altra èra, un diplodoco apoplettico e implorante.
Un'ora dopo, secondo incontro: una vecchia molto ben messa, assai ingobbita, "veniva avanti". Descrivendo un perfetto semicerchio, guardava, per forza di cose, il suolo, e di certo contava i suoi passetti di una lentezza inimmaginabile. Si sarebbe detto che stesse imparando a camminare, che avesse paura di non sapere dove e come mettere i piedi per muoversi.
...Qualsiasi cosa mi avvicini al Buddha mi va bene.
* Nonostante i capelli bianchi, batteva ancora il marciapiede. La incontravo spesso, nel Quartiere, verso le tre del mattino, e non mi piaceva tornare a casa senza averla sentita raccontare qualche sua prodezza o qualche aneddoto. Gli aneddoti li ho dimenticati, e anche le prodezze. Ma non ho dimenticato la prontezza con la quale, una notte in cui mi ero messo a tuonare contro tutti i "miserabili" che dormivano, lei replicò, con l'indice puntato contro il cielo: "E che cosa dice del miserabile di lassù?".
* "Tutto è privo di fondamento e sostanza": non me lo ripeto mai senza provare qualcosa che assomiglia alla felicità. Il guaio è che ci sono tanti momenti in cui non riesco a ripetermelo...
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* Leggo i suoi libri per la sensazione di naufragio che mi dà tutto quello che scrive. Al principio capisci, poi cominci a girare a vuoto, in seguito sei preso in un turbine insulso, senza terrore, pensi che affonderai, ed effettivamente affondi. Eppure non è vero annegamento - sarebbe troppo bello! Risali alla superficie, respiri, capisci di nuovo, sei sorpreso nel vedere che sembra dire qualcosa e nel capire quello che dice, poi giri ancora a vuoto, e di nuovo affondi... Tutto ciò vorrebbe essere profondo e sembra tale. Ma non appena ti riprendi, ti accorgi che è solo astruso, e che la distanza fra la profondità vera e la profondità simulata non è meno rilevante di quella fra una rivelazione e un'idea fissa.
* Chiunque si consacri a un'opera crede -senza esserne consapevole- che essa sopravviverà agli anni, ai secoli, al tempo medesimo... Se percepisse, mentre vi si dedica, che è peritura, l'abbandonerebbe per strada, non potrebbe terminarla. Attività e inganno sono termini correlativi.
* "Il riso scomparve, poi scomparve il sorriso".
Questa osservazione in apparenza ingenua di un biografo di Aleksandr Blok definisce, come meglio non si potrebbe, lo schema di ogni decadimento.
* Non è facile parlare di Dio quando non si è né credenti né atei: ed è questo probabilmente il dramma di tutti noi, compresi i teologi: il non poter essere più né l'uno né l'altro.
* Per uno scrittore il progresso verso il distacco e la liberazione è una catastrofe senza precedenti. Lui, più di chiunque altro, ha bisogno dei propri difetti: se trionfa su di essi è perduto. Si guardi dunque dal diventare migliore, perchè, se ci riesce, lo rimpiangerà amaramente.
* Occorre diffidare della conoscenza che abbiamo di noi stessi: essa indispone e paralizza il nostro demone. In questo è da cercare la ragione per cui Socrate non ha scritto niente.
* Ciò che rende i cattivi poeti ancora peggiori è che leggono solo poeti (come i cattivi filosofi leggono solo filosofi), mentre trarrebbero maggior profitto da un libro di botanica o di geologia. Ci si arricchisce solo frequentando discipline distanti dalla propria. Questo è vero, beninteso, solo per gli ambiti in cui imperversa l'io.
* Tertulliano racconta che, per guarire, gli epilettici andavano a "succhiare con avidità il sangue dei criminali sgozzati nell'arena." Se ascoltassi il mio istinto sarebbe questo, per qualunque malanno, il solo genere di terapia che adotterei.
* Abbiamo diritto di adirarci con qualcuno che ci tratta da mostri? Il mostro è solo per definizione, e la solitudine, anche quella dell'infamia, presuppone qualcosa di positivo, una elezione certo un po' speciale, ma indiscutibilmente un'elezione.
* Due nemici sono lo stesso uomo dimezzato.
* "Non giudicare nessuno prima di metterti al suo posto." Questo antico proverbio rende impossibile qualsiasi giudizio, dato che giudichiamo qualcuno proprio perchè non possiamo metterci al suo posto.
* Chi ama la propria indipendenza deve prestarsi, per salvaguardarla, a qualsiasi turpitudine, deve perfino rischiare, se occorre, l'ignominia.
* Niente di più abominevole del critico e, a maggior ragione, del filosofo che è in ognuno di noi: se fossi poeta, reagirei come Dylan Thomas, il quale, quando ne commentavano le poesie in sua presenza, si gettava per terra contorcendosi.
* Tutti coloro che si affaccendano commettono ingiustizia su ingiustizia, senza provare il minimo rimorso. Soltanto cattivo umore. - Il rimorso è riservato a coloro che non agiscono, che non possono agire. Per loro esso surruga l'azione, consolandoli della loro inefficienza.
* La maggior parte delle delusioni ci viene dai nostri primi impulsi. Il minimo slancio si paga più caro di un crimine.
* Siccome rammentiamo con precisione solo i nostri travagli, i perseguitati, gli ammalati, le vittime di ogni sorta avranno vissuto, in fin dei conti, con il massimo profitto. Gli altri, i fortunati, hanno sì una vita, ma non il ricordo di una vita.
* è noioso chiunque non accondiscenda a impressionarci. Il vanitoso è quasi sempre irritante, ma si prodiga, fa uno sforzo: è un seccatore che non vorrebbe essere tale, e gliene siamo riconoscenti: si finisce per sopportarlo, addirittura per cercarlo. Invece siamo pallidi di rabbia davanti a qualcuno che non mira in alcun modo a far colpo. Che cosa dirgli e che cosa aspettarci da lui? Bisogna serbare qualche traccia della scimmia, o se no restare a casa propria.
* Non la paura di intraprendere, ma la paura di riuscire spiega più di un fallimento.
* Vorrei una preghiera con parole-pugnali. Sfortunatamente, se si prega, si deve pregare come tutti. In ciò consiste una delle più grandi difficoltà della fede.
* Si teme l'avvenire solo se non si è certi di potersi uccidere quando di vuole.
* Né Bossuet né Malebranche, né Fénelon si sono degnati di parlare dei "Pensieri" di Pascal. A quanto pare, non sembrava loro abbastanza serio.
* L'antidoto al tedio è la paura. Occorre che il rimedio sia più forte del male.
* Magari potessi innalzarmi al livello di colui che avrei voluto essere! Ma non so quale forza, che si accresce con gli anni, mi tira verso il basso. Perfino per risalire alla mia superficie devo impiegare stratagemmi ai quali non posso pensare senza arrossire.
* Ci fu un tempo in cui, ogni volta che subivo un affronto, per allontanare da me ogni velleità di vendetta immaginavo me stesso nella pace della tomba. E subito mi acquietavo. Non disprezziamo troppo il nostro cadavere: qualche volta può servire.
* Ogni pensiero deriva da una sensazione che abbiamo ostacolato.
* Il solo modo di raggiungere un altro in profondità è andare verso quello che in se stessi c'è di più profondo. In altri termini, seguire il percorso inverso a quello che imboccano gli spiriti cosidetti "generosi".
* Vorrei poter dire come quel rabbino hassidico: "La benedizione della mia vita è stata il non aver mai avuto bisogno di una cosa prima di possederla!".
* Permettendo l'uomo, la natura ha commesso molto più che un errore di calcolo: ha commesso un attentato contro se stessa.
* La paura rende coscienti - la paura morbosa e non la paura naturale. Altrimenti gli animali avrebbero raggiunto un grado di coscienza superiore al nostro.
* In quanto orangutan propriamente detto, l'uomo è antico; in quanto orangutan storico, è relativamente recente: un parvenu che non ha avuto il tempo d'imparare come comportarsi nella vita.
* Dopo certe esperienze si dovrebbe cambiare nome, dato che non si è più gli stessi. Tutto assume un altro aspetto, a cominciare dalla morte, che appare prossima e desiderabile; ci si riconcilia con essa, e si giunge a ritenerla "la migliore amica dell'uomo", come la chiama Mozart in una lettera al padre agonizzante.
* Bisogna soffrire fino in fondo, fino al momento in cui si smette di credere alla sofferenza.
* "La verità rimane nascosta per colui che è abitato dal desiderio e dall'odio" (Buddha)
...Cioè per ogni vivente.
* Attratto dalla solitudine, rimane tuttavia nel secolo: uno stilita senza colonna.
* "Avete avuto torto a puntare su di me".
Chi potrebbe parlare così? Dio e il Fallito.
* Tutto ciò che compiamo, tutto ciò che esce da noi, aspira a dimenticare le sue origini, e ci riesce solo ergendosi contro di noi. Da qui il segno negativo che marchia tutte le nostre realizzazioni.
* Niente si può dire di niente. Per questo non ci può essere limite al numero dei libri.
* Il fallimento, anche ripetuto, pare sempre nuovo, mentre il successo, moltiplicandosi, perde ogni interesse, ogni attrattiva. Non è l'infelicità, bensì la felicità, la felicità insolente, è vero, che conduce all'acredine e al sarcasmo.
* "Un nemico è utile quanto un Buddha" è proprio così. Perchè il nostro nemico veglia su di noi, ci impedisce di lasciarci andare. Segnalando, divulgando le nostre più piccole manchevolezze, ci conduce direttamente alla salvezza, mette tutto in opera affinchè non siamo indegni dell'idea che si è fatto di noi. Perciò la nostra gratitudine nei suoi confronti dovrebbe essere illimitata.
* Ci si riprende, e si aderisce tanto più all'essere, quanto più si è reagito contro i libri negatori, dissolutori, contro la loro forza nociva. Libri corroboranti insomma, poichè suscitano l'energia che li nega. Più contengono veleno, più esercitano un affetto salutare a condizione che li si legga controcorrente, come si dovrebbe leggere ogni libro, a cominciare dal catechismo.
* Il più grande servigio che si possa rendere a un autore è impedirgli di lavorare per un certo tempo. Sarebbero necessarie tirannie di breve durata, che servissero a sospendere qualsiasi attività intellettuale. La libertà di espressione senza interruzione alcuna espone i talenti a un rischio mortale, li costringe a prodigarsi oltre le loro risorse e impedisce loro di accumulare sensazioni ed esperienze. La libertà senza limiti è un attentato contro lo spirito.
* La pietà di sé è meno sterile di quanto non si creda. Appena qualcuno ne avverte un pur minimo accesso, assume una posa da pensatore e, meraviglia delle meraviglie, riesce a pensare.
* La massima storica secondo la quale dobbiamo piegarci senza protestare alle cose che non dipendono da noi tiene conto solo delle sventure esterne, che sfuggono alla nostra volontà. Ma a quelle che vengono da noi stessi, come adattarsi? Se siamo la fonte dei nostri mali, a chi volerne? A noi stessi? Fortunatamente ci arrabattiamo a dimenticare che siamo i veri colpevoli, e d'altro canto l'esistenza è tollerabile solo se rinnoviamo ogni giorno quella menzogna e quell'oblio.
* Per tutta la vita ho vissuto con la sensazione di essere stato allontanato dal mio vero luogo. Se l'espressione "esilio metafisico" non avesse alcun senso, la mia sola esistenza gliene fornirebbe uno.
* Più si è colmi di doni, meno si progredisce sul piano spirituale. Il talento è un ostacolo alla vita interiore.
* Per sottrarre la parola "grandezza" al rischio della magniloquenza bisognerebbe servirsene solo a proposito dell'insonnia o dell'eresia.
* Nell'India classica il saggio e il santo si ritrovavano in una sola e medesima persona. Per avere un'idea di una tale impresa, si immagini, se si può, una fusione fra la rassegnazione e l'estasi, fra uno stoico freddo e un mistico invasato.
* L'essere è sospetto. Che dire allora della vita, che ne è la deviazione e l'avvilimento?
* Quando ci riferiscono un giudizio sfavorevole su di noi, invece di risentirci dovremmo pensare a tutto il male che abbiamo detto degli altri, e trovare che è giusto che se ne dica altrettanto di noi. Ironia vuole che non ci sia nessuno più vulnerabile, più suscettibile, meno disposto a riconoscere i propri difetti del maldicente. Basta citargli un'infima riserva che sia stata espressa sul suo conto perchè perda il controllo, si scateni e soffochi nella propria bile.
* Dall'esterno, in ogni clan, ogni setta, ogni partito, regna l'armonia; dall'interno, la discordia. I conflitti in un monastero sono frequenti e avvelenati come in qualunque società. Anche quando disertano l'inferno, gli uomini lo fanno solo per ricostituirlo altrove.
* Le benchè minima conversione è vissuta come un avanzamento. Esistono per fortuna delle eccezioni. Ammiro quella setta ebraica del Settecento nella quale si aderiva al cristianesimo per volontà di degradarsi, come pure quell'indio che, essendosi convertito anche lu, si rammaricava di diventare preda dei vermi, invece di essere divorato dai figli, onore che avrebbe avuto se non avesse abiurato le credenze della sua tribù.
* è normale che l'uomo non si interessi più alla religione ma alle religioni, giacchè solo per loro tramite sarà in grado di comprendere le versioni multiple del suo accasciamento spirituale.
* Ricapitolando le tappe della nostra carriera, è umiliante constatare che non abbiamo avuto i rovesci che meritavamo, che avevamo il diritto di sperare.
* In certuni la prospettiva di una fine più o meno prossima stimola l'energia, buona o cattiva, e li tuffa in un'attività frenetica. Abbastanza candidi da voler perpetuarsi grazie alle loro imprese o alle loro opere, si accaniscono a terminarle, a concluderle: non c'è più un istante da perdere. La stessa prospettiva induce altri a sprofondarsi nell' "a che serve?", in una chiaroveggenza sterile, nelle verità irrecusabili dell'apatia.
* "Maledetto sia colui che, nelle future ristampe delle mie opere, avrà cambiato scientamente una qualsiasi cosa, una frase, o solo una parola, una sillaba, una lettera, un segno di punteggiatura!"
Fu il filosofo, fu lo scrittore, a far parlare così Schopenhauer? Tutti e due, e quel connubio (si pensi allo stile sconcertante di qualsiasi opera filosofica) è molto raro. Un Hegel non avrebbe erto proferito una maledizione simile. E nessun altro filosofo di prima grandezza, tranne Platone.
* Nulla di più esasperante dell'ironia continua, che non ti dà tregua, che non ti lascia il tempo di respirare e ancora meno di riflettere, e che, invece, di essere inapparente, occasionale, è massiccia, automatica, agli antipodi della sua natura essenzialmente delicata. Questo è in ogni modo l'uso che ne fa il tedesco, l'essere che, per avere maggiormente meditato su di essa, è il meno indicato a servirsene.
* L'ansia non è provocata da nulla, cerca di darsi una giustificazione, e per riuscirci si avvale di qualunque cosa, dei pretesti più miserabili, ai quali si abbarbica, dopo averli inventati. Realtà in sé che precede le proprie espressioni particolari, le proprie varietà, l'ansia che suscita se stessa, si genera da sola, è "creazione infinita", e in quanto tale atta ad evocare più le trame della divinità che quelle della psiche.
* Tristezza automatica: un robot elegiaco.
* Davanti a una tomba le parole gioco, impostura, scherzo, sogno si impongono. Impossibile pensare che esistere sia un fenomeno serio. Certezza di un raggiro in partenza, alla base. Sui frontoni dei cimiteri si dovrebbe incidere. "Niente è tragico. Tutto è irreale".
* Non dimenticherò facilmente l'espressione di orrore su quello che fu il suo volto, il rictus, lo spavento, l'estremo conforto, e l'aggressività. Non era contento, no. Mai ho visto qualcuno così a disagio nella bara.
* Non guardare né avanti né indietro, guarda in te stesso, senza paura e senza rimpianto. Nessuno scende in sé finchè rimane schiavo del passato o del futuro.
* Non è elegante rimproverare a qualcuno la sua sterilità quando è postulata, quando è il suo modo di realizzarsi, il suo sogno...
* Le notti in cui abbiamo dormito è come se non fossero mai esistite. Restano nella memoria solo quelle in cui non abbiamo chiuso occhio: notte vuol dire notte insonne.
* Ho trasformato, per non doverle risolvere, tutte le mie difficoltà pratiche in difficoltà teoriche. Di fronte all'Insolubile, finalmente respiro...
* A uno studente che voleva sapere la mia posizione riguardo all'autore di Zarathustra, risposi che da molto tempo avevo smesso di frequentarlo. Perchè? mi chiese. - Perchè lo trovo troppo ingenuo...
Gli rimprovero le sue infatuazioni e persino i suoi fervori. Non ha abbattuto idoli se non per sostituirli con altri. Un falso iconoclasta, con tratti da adolescente, e non so che verginità, che innocenza, inerenti alla sua carriera di solitario. Ha osservato gli uomini solo da lontano. Se li avesse guardati da vicino non avrebbe mai potuto concepire e celebrare il superuomo, visione bislacca, risibile, se non grottesca, chimera o capriccio che poteva scaturire solo dalla mente di qualcuno che non avesse avuto il tempo di invecchiare, di conoscere il distacco, il lungo disgusto sereno. Molto più vicino mi è un Marco Aurelio. Nessuna esitazione da parte mia fra il lirismo della frenesia e la prosa dell'accettazione: trovo più conforto, e perfino più speranza, in un imperatore stanco che in un profeta folgorante.
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* Mi piace quell'idea indù secondo la quale possiamo affidare la nostra salvezza a qualcun altro, preferibilmente a un "santo", e permettergli di pregare in vece nostra, di fare qualsiasi cosa per salvarci. è un vendere l'anima a Dio.
* "Il talento ha dunque bisogno di passioni? Sì, di molte passioni represse" (Joubert). Non c'è un solo moralista che non possa essere convertito in un precursore di Freud.
* Si è sempre stupiti nel vedere che i grandi mistici hanno prodotto tanto, che hanno lasciato un così alto numero di trattati. Probabilmente pensavano di glorificare Dio, e nient'altro. In parte è vero, ma solo in parte. Non si crea un'opera senza affezionarsi, senza asservirsi ad essa. Scrivere è l'atto meno ascetico che ci sia.
* Quando veglio fino a notte molto inoltrata, sono visitato dal mio cattivo genio come lo fu Bruto dal suo prima della battaglia di Filippi...
* "Ho forse la faccia di uno che deve fare qualcosa quaggiù?" Ecco cosa avrei voglia di rispondere agli indiscreti che mi interrogano sulle mie attività.
* Qualcuno ha detto che una metafora "deve poter essere disegnata" - Tutto quello che da un secolo è stato fatto di originale e di vivo in letteratura contraddice questa affermazione. Perchè, se qualcosa ha fatto il suo tempo, è proprio la metafora dai contorni definiti, la metafora "coerente". Proprio contro di essa la poesia non ha cessato di rivoltarsi, al punto che una poesia morta è una poesia affetta da coerenza.
* Ascoltando il bollettino meteorologico, forte emozione a causa di "piogge sparse". Il che dimostra che la poesia è in noi e non nell'espressione, quantunque sparso sia un aggettivo capace di far nascere una certa vibrazione.
* Appena formulo un dubbio, più esattamente: appena avverto il bisogno di formularne uno, provo un benessere curioso, inquietante. Mi sarebbe di gran lunga più agevole vivere senza traccia di credenza che senza traccia di dubbio. Dubbio devastatore, dubbio nutritivo!
* Non esiste sensazione falsa.
* Rientrare in sé percepire un silenzio antico quanto l'essere, anche più antico.
* Si desidera la morte solo nei malesseri vaghi; la si fugge al minimo malessere preciso.
* Se è vero che detesto l'uomo, non potrei dire con la stessa facilità: detesto l'essere umano, per la ragione che c'è malgrado tutto nella parola essere un qualcosa di pieno, di enigmatico e di attraente, qualità estranee all'idea di uomo.
* Nel Dhammapada si raccomanda, per ottenere la liberazione, di scrollare la doppia catena del Bene e del Male. Che il Bene stesso sia un ostacolo, siamo troppo arretrati spiritualmente per poterlo ammettere. Perciò non saremo liberati.
* Tutto ruota attorno al dolore: il resto è accessorio, anzi inesistente - visto che rammentiamo solo ciò che fa male. Poichè le sensazioni dolorose sono le uniche ad essere reali, è quasi inutile provarne altre.
* Credo, come quel pazzo di Calvino, che siamo predestinati alla salvezza o alla dannazione nel ventre della madre. Ancor prima di nascere abbiamo già vissuto la nostra vita.
* è libero colui che ha riconosciuto l'inanità di tutti i punti di vista, è liberato colui che ne ha tratto le conseguenze.
* Non c'è santità senza una propensione allo scandalo. Ciò non vale solo per i santi. Chiunque si manifesti, in qualunque modo lo faccia, dimostra di possedere, più o meno sviluppato, il gusto della provocazione.
* Sento che sono libero, ma so che non lo sono.
* Sopprimevo dal mio vocabolario una parola dopo l'altra. Finito il massacro, una sola superstite; solitudine. Mi risvegliai appagato.
* Se ho potuto resistere fino ad ora, è perchè a ogni afflizione, che mi pareva intollerabile, ne succedeva una seconda, più atroce, poi una terza, e così via. Fossi anche all'inferno, mi augurerei di vederne moltiplicare i gironi, per poter affrontare una prova nuova, più ricca della precedente. Politica salutare, almeno in materia di tormenti.
* A che cosa faccia appello la musica in noi è difficile sapere; è certo però che tocca una zona così profonda che la follia stessa non riesce a penetrarvi.
* Avremmo dovuto essere dispensati dal trascinare un corpo. Bastava il fardello dell'io.
* Mi occorrerebbe, per riprendere gusto a certe cose, per rifarmi un' "anima", un sonno di parecchie ere cosmiche.
* Non ho mai potuto capire quell'amico che, di ritorno dalla Lapponia, mi diceva l'oppressione che si prova quando non si incontra per giorni e giorni la minima traccia di uomo.
* Uno scorticato che viene eretto a teorico del distacco, un convulsionario che gioca a fare lo scettico.
* Funerale in un paesino normanno. Chiedo informazioni a un contadino che guardava da lontano il corteo. "Era ancora giovane, appena sessant'anni. Lo hanno trovato morto nei campi. Che ci vuol fare? Così è...Cosi è... Così è...".
Quel ritornello, che sul momento mi sembrò bizzarro, in seguito mi assillò. Il buon uomo non sospettava di dire sulla morte tutto quello che si può dire e tutto quello che si sa.
* Mi piace leggere come una portinaia: identificarmi con l'autore e con il libro. Ogni altro atteggiamento mi fa pensare al sezionatore di cadaveri.
* Appena uno si converte a qualcosa, dapprima lo si invidia, poi lo si compiange, infine lo si disprezza.
* Non avevamo niente da dirci, e mentre proferivo parole oziose sentivo che la terra scorreva nello spazio e che ruzzolavo con lei a una velocità che mi dava il capogiro.
* Anni e anni per svegliarsi da quel sonno al quale gli altri si abbandonano; e poi anni e anni per sfuggire quel risveglio...
* Quando ho bisogno di condurre a buon fine un compito che ho assunto per necessità o per piacere, basta che mi ci applichi perchè tutto mi sembri importante, tutto mi attragga, fuorchè il compito in questione.
* Riflettere su quelli che non ne hanno più per molto, che sanno come per loro tutto sia abolito, escluso il tempo in cui si dipana il pensiero della loro fine. Rivolgersi a quel tempo. Scrivere per dei gladiatori...
* L'erosione del nostro essere operata dalle nostre infermità: il vuoto che ne risulta è colmato dalla presenza della coscienza - che dico? quel vuoto è la coscienza stessa.
* La disgregazione morale quando si soggiorna in un luogo troppo bello. L'io si dissolve a contatto con il paradiso. Fu probabilmente per evitare quel rischio che il primo uomo fece la scelta che sappiamo.
* Tutto sommato, ci sono state più affermazioni che negazioni -almeno finora. Neghiamo dunque senza rimorsi. Le credenze peseranno sempre di più sulla bilancia.
* La sostanza di un'opera è l'impossibile - ciò che non abbiamo potuto raggiungere, ciò che non poteva esserci dato: è la somma di tutte le cose che ci furono rifiutate.
* Gogol' che nella speranza di una "rigenerazione" si reca a Nazareth e vi si annoia come "in una stazione russa": proprio questo capita a tutti noi quando cerchiamo al di fuori quello che può esistere solo in noi stessi.
* Uccidersi perchè si è quello che si è, d'accordo, ma non perchè tutta l'umanità ti sputerebbe in faccia!
* Perchè temere il nulla che ci aspetta quando non differisce da quello che ci precede: questa argomentazione degli antichi contro la paura della morte è inaccettabile in quanto consolazione. Prima, si aveva la fortuna di non esistere; ora esistiamo, e proprio questa particella di esistenza, quindi di sventura, teme di scomparire. Particella non è la parola esatta, giacchè ognuno si ritiene superiore o, almeno, uguale all'universo.
* Quando discerniamo l'irrealtà in ogni cosa, diventiamo noi stessi irreali, cominciamo a sopravviverci, per quanto forte sia la nostra vitalità, per quanto imperiosi siano i nostri istinti. Ma non sono più che falsi istinti, e falsa vitalità.
* Se sei destinato a roderti niente potrà impedirtelo: ti roderai per una quisquilia allo stesso modo che per un grande dolore. Rassegnati ad angustiarti in ogni occasione: così vuole la tua sorte.
* Vivere è perdere terreno.
* E dire che tanti sono riusciti a morire!
* Impossibile non portare rancore a chi ci scrive lettere sconvolgenti.
* In una remota provincia dell'India tutto veniva spiegato con i sogni e, cosa più importante, dai sogni si traeva ispirazione per guarire le malattie. In base a essi si regolavano anche gli affari, quotidiani o capitali. Fino all'arrivo degli inglesi. Da quando ci sono loro, diceva un indigeno, non sogniamo più.
In quella che si è convenuto di chiamare "civiltà" risiede innegabilmente un principio diabolico di cui l'uomo ha preso coscienza troppo tardi, quando non era più possibile porvi rimedio.
* La lucidità senza il correttivo dell'ambizione conduce alla paralisi. Bisogna che l'una poggi sull'altra, che l'una combatta l'altra senza vincerla perchè un'opera, perchè una vita sia possibile.
* Non possiamo perdonare a coloro che abbiamo osannato, siamo impazienti di rompere con loro, di spezzare la catena più delicata che esista: quella dell'ammirazione...non per insolenza, ma per aspirazione a ritrovarci, a essere liberi, a essere noi stessi. Ci riusciamo solo con un atto di ingiustizia.
* Il problema della responsabilità avrebbe senso solo se fossimo stati consultati prima della nascita e avessimo consentito a essere proprio colui che siamo.
* L'energia e la virulenza del mio taedium vitae continuano a stupirmi. Tanto vigore in un male così fiacco! Debbo a questo paradosso l'incapacità in cui sono di scegliere finalmente la mia ultima ora.
* Per i nostri atti, per la nostra vitalità semplicemente, l'aspirazione alla lucidità è funesta quanto la lucidità stessa.
* I figli si rivoltano, debbono rivoltarsi contro i padri, e i padri non possono farci nulla, perchè soggiacciono a una legge generale che regola i rapporti fra i vivi: e cioè che ognuno genera il proprio nemico.
* Ci hanno talmente insegnato ad aggrapparci alle cose che, quando vogliamo svincolarcene, non sappiamo da che parte cominciare. E se la morte non venisse ad aiutarci, il nostro accanimento a durare ci farebbe trovare una formula di esistenza al di là dell'usura, al di là della senilità stessa.
* Tutto si spiega a meraviglia se ammettiamo che la nascita è un evento nefasto o quanto meno inopportuno; ma se si è di opinione diversa, occorre rassegnarsi all'inintelligibile, oppure barare come fanno tutti.
* In un libro gnostico del secondo secolo della nostra èra si legge: "la preghiera dell'uomo triste non ha mai la forza di salire fino a Dio".
...Poichè si prega solo nello sconforto, se ne dedurrà che nessuna preghiera è mai giunta a destinazione.
* Era al di sopra di tutti, ma questo non dipendeva da lui: aveva semplicemente dimenticato di desiderare...
* Nell'antica Cina le donne, quando erano in preda alla collera o all'afflizione, montavano su una panchetta predisposta per loro in strada, e lì davano libero sfogo al loro furore o ai loro lamenti. Questo genere di confessionale dovrebbe essere ripristinato e adottato un po' ovunque, non foss'altro per rimpiazzare quello, desueto, della Chiesa, o quello, inefficace, di tale o talaltra terapia.
* Quel filosofo manca di spessore o, per dirla in gergo, di "forma interiore". è troppo costruito per essere vivo o soltanto "reale". è una bambola sinistra. Che felicità sapere che non riaprirò mai più i suoi libri!
* Nessuno proclama che sta bene ed è libero, eppure proprio questo dovrebbero fare tutti coloro che conoscono questa duplice benedizione. Niente ci incrimina di più della nostra incapacità a urlare le nostre fortune.
* Avere sempre fallito in tutto, per amore dello scoraggiamento.
* L'unico modo di salvaguardare la propria solitudine è ferire tutti, a cominciare da quelli che ci amano.
* Un libro è un suicidio differito.
* Checché se ne dica, la morte è ciò che la natura ha trovato di meglio per accontentare tutti. Con ognuno di noi, tutto svanisce, tutto cessa per sempre! Che vantaggio, che abuso! Senza il minimo sforzo da parte nostra disponiamo dell'universo, lo trasciniamo nella nostra sparizione. Decisamente, morire è immorale...
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